Saturday’s Talks: l’open-source ha davvero bisogno di Dittatori? Empatia e Dittatura sono un ossimoro, ma solo la prima ci salverà!
Nel leggere l’intervista riportata da The Register a Mark Shuttleworth, CEO di Canonical che quest’anno celebra i 20 anni di Ubuntu, ho scoperto una cosa che non sapevo.
Nella mia ignoranza ritenevo che, nel mondo open-source, l’unico Benevolent dictator for life (Dittatore benevolo a vita) fosse il solo ed unico Linus Torvalds, ma non è così.
Shuttleworth, per esempio, usa da sempre l’acronimo SABDFL, che sta per Self Appointed Benevolent dictator for life, titolo auto assegnato e talmente popolare da avere una pagina Wikipedia, https://en.wikipedia.org/wiki/SABDFL, che ridirige sul profilo del fondatore di Ubuntu.
Ma la verità è che di questi simpaticissimi “dittatori” ce n’è una pletora, ed è di nuovo Wikipedia a raggrupparli in una pagina apposita.
Ora, non mi si fraintenda, si capisce lo spirito goliardico di questo titolo.
Fermi tutti.
Si capisce lo spirito goliardico di questo titolo?
Già, perché se è vero che a coniare il titolo in tempi non sospetti fu la community di Python, a proposito di Guido van Rossum, il creatore del linguaggio, a sfogliare la lista e ad analizzare le recenti azioni di questi sedicenti Dittatori Benevoli, scatta più di qualche pensiero.
Nell’intervista citata in apertura ad esempio, incalzato dall’intervistatore, Shuttleworth definisce le scelte fallimentari (Ubuntu Phone, per dirne una, ma anche Unity) o poco sensate (vedi LXD e Snap) o controverse (vedi la CLA, Contributor License Agreement che chiunque partecipa ai progetti Canonical deve sottoscrivere ed accettare) come il corso naturale di un progetto, giustificando in questo senso il peso della sua leadership.
Ma, va detto, Canonical è proprietà di Shuttleworth e, si sa, chi paga decide, e lui il titolo se l’è pure auto assegnato, quindi.
Se però si prosegue nella famosa lista ci si imbatte in Matt Mullenweg, recentemente salito agli onori della cronaca per aver ingaggiato una battaglia senza quartiere (sebbene tardiva, in quanto ci ha messo 11 anni) contro WP Engine, azienda rea di sfruttare il nome WordPress per trarre guadagni senza contribuire al progetto. Anche in questo caso è chiaro come si sia di fronte ad un altro esempio di leadership, decisamente farraginosa.
Come scrive Christine Hall di Foss Force, che commenta un’intervista a Mullenweg e che consigliamo di leggere per intero:
During the earlier part of the interview, before the focus turned to WP Engine, Mullenweg commented that because WordPress is open source it belongs to all of us who uses it. That’s true, but that doesn’t seem to be how he actually treats the WordPress ecosphere he’s created. It’s a fiefdom in which he wants to call all the shots, and community only seems to be legitimate to him if it’s a community he can own and monetize.
Nella prima parte dell’intervista, prima che l’attenzione si spostasse su WP Engine, Mullenweg ha commentato che poiché WordPress è open-source, appartiene a tutti noi che lo utilizziamo. È vero, ma non sembra essere così che tratta effettivamente l’ecosfera di WordPress che ha creato. È un feudo in cui vuole prendere tutte le decisioni, e la comunità gli sembra legittima solo se è una comunità che può possedere e monetizzare.
E non esiste sintesi migliore della vicenda di questo efficace estratto.
Come non concludere poi con quello che fino ad oggi qui sul portale è stato considerato il solo ed unico Dittatore Benevolo, Linus Torvalds, creatore di Linux, il quale ha recentemente preso una posizione chiarissima a proposito dei maintainer russi che sono stati allontanati dal progetto, dicendo nella sostanza come questa fosse naturale (e, di nuovo, tardiva) conseguenza delle sanzioni inflitte alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina.
Ma non è di una decisione democratica che si è trattato, piuttosto della decisione di un singolo.
Nella vicenda poi colpisce vedere le reazioni di chi è stato escluso. Come ha raccontato Phoronix, lo sviluppatore russo Serge Semin ha scritto un messaggio di saluto dai toni calmi e pacati, dimostrando nei fatti che questa demonizzazione globale nei confronti di chi fino a ieri ha contribuito, verosimilmente gratuitamente, con il proprio lavoro al bene comune (poiché questo significa lavorare ad un progetto open-source) è forse un filo esagerata, pur riconoscendo i difficili tempi in cui viviamo.
Perché poi la risata scappa a tutti quando si dice “Dittatore”, per quanto benevolo, è bello mettere le faccine qui e là e l’open-source alla fine è anche divertimento.
Le risate funzionano finché non si è toccati direttamente dalle vicende.
Quando sei un utente che si vede costretto ad installare, sulla sua distribuzione open-source, software solo da uno specifico market place, quando sei un’azienda che per 11 anni ha fatto il suo lavoro (evidentemente bene) e si vede chiedere l’8% dei propri profitti solo perché usa le lettere WP o quando sei uno sviluppatore che commette l’errore di proporre una patch al kernel Linux trovandosi coperto di insulti.
Empatia e Dittatura sono un ossimoro, e sarà l’empatia a salvare il mondo, ne sono sempre più convinto.
Raoul Scarazzini
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
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