Container e Kubernetes dovrebbero far rima con sicurezza, ma è davvero così? Un report Red Hat prova a dare risposte
Si chiama The State of Kubernetes Security in 2024 ed è un report pubblicato poco tempo fa da Red Hat dove vengono illustrati i risultati di un sondaggio condotto dall’azienda del cappello rosso verso 600 DevOps, ingegneri e professionisti per carpire lo stato del mercato a proposito delle tematiche di sicurezza di Kubernetes, ma che facilmente si adatta al mercato I.T. in senso generale.
Il report completo è scaricabile, previa registrazione, nel link di apertura, ma i suoi risultati sono facilmente riassumibili utilizzando le immagini pubblicate, la prima delle quali mostra quali sono le principali preoccupazioni dei partecipanti a proposito delle strategie aziendali di gestione dei container:
Il dato è piuttosto eloquente: una buona quota dei partecipanti ritiene che gli investimenti aziendali per favorire quello che tutti ormai chiamano shift-left, sono ben lungi dall’essere promossi con successo.
Il dato si sposa con quanto emerge alla domanda sul se ci siano mai stati rallentamenti o ritardi nei rilasci di produzione a causa di problematiche legate alla sicurezza:
Una maggioranza sensibile mostra come il problema sia più attuale che mai.
E qui si arriva ad un altro aspetto particolarmente interessante, quello dello “scaricamento delle responsabilità”. Una delle problematiche principali nell’attuazione del principio di shift-left vorrebbe l’intera toolchain al corrente dei temi di sicurezza ed attiva in questo senso.
La sicurezza non dovrebbe essere “affare altrui”.
In questo senso, alla domanda “Quale ruolo nella tua azienda è maggiormente responsabile della sicurezza dei container e di Kubernetes?” i dati riportati mostrano il 34% degli intervistati nel complesso affermare che i team di sicurezza sono i più importanti responsabili della sicurezza dei container e di Kubernetes all’interno delle organizzazioni, seguiti dai team ITOps, DevOps e DevSecOps, responsabili della sicurezza nel 50% delle organizzazioni.
Una decentralizzazione che certamente non favorisce lo shift-left.
Un altro ed ultimo dato emerge con chiarezza, e fa ben sperare, riguardanddo quella che potremmo definire “awareness” sui temi di sicurezza:
C’è quindi solo uno scarso 10% che nella sostanza non si interessa di shift-left, la stragrande maggioranza (90%) ha già o vede in costruzione strutture che facilitino la collaborazioni fra i vari team per rendere possibile ed attuabile lo shift-left.
Di tutti, è forse questo il dato più rilevanti: essere consci del problema è già metà della soluzione.
Raoul Scarazzini
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