E alla fine arriva SUSE, che si pronuncia in merito alle scelte di Red Hat sui sorgenti RHEL e sul proprio futuro nell’open-source
Dei tanti pareri ascoltati in queste ultime settimane dopo l’annuncio da parte di Red Hat della sospensione della pubblicazione dei sorgenti RPM relativi a Red Hat Enterprise Linux in git.centos.org, mancava quello di SUSE, da sempre antagonista e principale rivale dell’azienda dal cappello rosso.
È bene chiarirlo a scanso di equivoci, SUSE è sempre stata la rivale di Red Hat, ma solo sulla carta, poiché come abbiamo analizzato agli inizi dell’anno, in termini di fatturato tra le due aziende c’è un abisso: se infatti Red Hat si attesta sui 3,5 miliardi di dollari, SUSE nel 2022 ne ha guadagnati 653 milioni. Golia e Davide. Ma 2 cose rimangono chiare: lo sport è lo stesso e la storia, l’autorità, la voce in capitolo per così dire di entrambe è tenuta ampiamente in considerazione dalla community.
Tanto che, ad azione (la scelta di Red Hat) è corrisposta reazione, materializzata in questo post dell’azienda tedesca (molti infatti lo ignorano, ma SUSE è l’unica realtà europea che si occupa di open-source a potersi fregiare del titolo di reale concorrente di Red Hat) dal titolo Navigating Changes in the Open Source Landscape ad opera di Thomas Di Giacomo, CTO di SUSE.
Cosa emerge dall’articolo? Anzitutto una presa di posizione netta rispetto a quanto fatto dalla rivale:
RHEL’s existence owes much to the collaborative efforts of many upstream projects, including the Linux kernel developed by many different contributors, among them SUSE. At the center of our world is innovating together. We are all working to build something greater than the sum of all our parts. We are all interdependent.
L’esistenza di RHEL deve molto agli sforzi collaborativi di molti progetti a monte, incluso il kernel Linux sviluppato da molti contributori diversi, tra cui SUSE. Al centro del nostro mondo c’è l’innovazione comune. Stiamo tutti lavorando per costruire qualcosa di più grande della somma di tutte le nostre parti. Siamo tutti interdipendenti.
E per quanto possa sembrare di circostanza, l’affermazione richiama molto le critiche mosse dalla community verso la scelta (legalmente legittima, almeno finora) di escludere il download dei sorgenti agli utenti che non sono clienti: così come Red Hat potrebbe recriminare ai propri cloni di usare gratis il proprio lavoro, anche chi lavora al Kernel potrebbe fare lo stesso nei confronti di Red Hat.
Non è un esempio banale, non è una frase scontata, è quello che è l’open-source: un universo interdipendente.
In chiusura poi, una dichiarazione di intenti molto chiara:
While changes in the open source landscape may shift dynamics, we firmly believe that the freedom to access, modify, and distribute software should remain open to all. Our commitment to customer satisfaction, stability and reliability remains unwavering. We will continue to invest in robust support infrastructure, deliver timely updates and provide a best-in-class user experience to our community users and customers.
Sebbene i cambiamenti nel panorama dell’open source possano modificarne le dinamiche, crediamo fermamente che la libertà di accedere, modificare e distribuire il software debba rimanere aperta a tutti. Il nostro impegno per la soddisfazione del cliente, la stabilità e l’affidabilità rimane incrollabile. Continueremo a investire in una solida infrastruttura di supporto, a fornire aggiornamenti tempestivi e a fornire un’esperienza utente di prim’ordine agli utenti e ai clienti della nostra community.
Unitariamente alla promozione di SUSE Liberty, il prodotto di SUSE dedicato alla gestione di ambienti Linux misti.
Tutto questo si unisce alle ultime dichiarazioni di AlmaLinux e Rocky Linux, entrambe vicine alla soluzione dei problemi creati dalla scelta di Red Hat in maniera autonoma ed entrambe promotrici del proprio valore aggiunto. Infatti se tra le motivazioni dell’azienda dal cappello rosso c’è quella relativa all’inutilità dei progetti clone, ecco che in realtà progetti quali Elevate di AlmaLinux o il supporto ad architetture come RaspberryPi smentiscono categoricamente ogni tipo di illazione in merito.
Lato Red Hat per ora tutto procede come se nulla fosse, tra contributi consueti come le interessanti considerazioni sul peso delle mitigazioni relative all’Indirect Branch Restricted Speculation (IBRS, per fermare Spectre e Retbleed) e l’estensione di ben 4 anni del supporto a RHEL 7, per via del fatto che troppe aziende sono indietro negli upgrade alle nuove versioni.
Ma sulla vicenda sorgenti di RHEL non ci sono altre dichiarazioni al momento, segno forse che la politica societaria sarà verosimilmente quella di far calmare le acque e lasciar passare del tempo.
In questo senso, delle tante sbagliate, questa sembra forse la scelta più giusta.
Raoul Scarazzini
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
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