Linux Mint, derivata di Ubuntu, non userà Snap, il cui store è monopolio di Canonical
Linux Mint, la popolarissima distribuzione derivata di Ubuntu, ha da sempre manifestato idee chiare in merito a cosa proporre in termini di distribuzione all’utente finale, senza aver paura di prendere strade in controtendenza rispetto a sua… Madre.
Partendo dal desktop di default stesso che viene presentato agli utenti, Cinnamon, si capisce come tutta una serie di presupposti siano diversi: rispetto a GNOME l’approccio è più semplice, funzionale, forse meno innovativo, ma sicuramente più in linea con le aspettative di buona parte dell’utenza.
Tutto questo per dire che non stupisce affatto la netta presa di posizione da parte del team di sviluppo, guidato da Clement Lefebvre, in merito a SNAP, il sistema che è ormai default per installare applicazioni terze (vedi ad esempio Spotify, Skype, Slack e tante altre, all’interno dei sistemi Ubuntu:
When snap was announced it was supposed to be a solution, not a problem. It was supposed to make it possible to run newer apps on top of older libraries and to let 3rd party editors publish their software easily towards multiple distributions, just like Flatpak and AppImage. What we didn’t want it to be was for Canonical to control the distribution of software between distributions and 3rd party editors, to prevent direct distribution from editors, to make it so software worked better in Ubuntu than anywhere else and to make its store a requirement.
Quando è stato annunciato, SNAP doveva essere una soluzione, non un problema. Doveva rendere possibile l’esecuzione di applicazioni più recenti su librerie più vecchie e permettere agli editori di terze parti di pubblicare facilmente il loro software verso distribuzioni multiple, proprio come Flatpak e AppImage. Quello che non volevamo era che Canonical controllasse la distribuzione del software tra le distribuzioni e gli editori di terze parti, che impedisse la distribuzione diretta da parte degli editori, che facesse in modo che il software funzionasse meglio in Ubuntu che altrove e che il suo negozio diventasse un requisito.
Una presa di posizione molto netta quindi, che lascia poco spazio a libere interpretazioni. SNAP ha sviato rispetto all’intento iniziale ed è diventato un peso da sopportare. In particolare il confronto tra SNAP e le alternative, quali Flatpak, appare impietoso:
When Flatpak came out it immediately allowed anyone to create stores. The Flatpak client can talk to multiple stores. Spotify is on Flathub and they can push towards it. If tomorrow they have an argument with Flathub they can create their own store and the very same Flatpak client will still work with it.
Quando Flatpak è uscito, ha permesso immediatamente a chiunque di creare negozi. Il client di Flatpak può parlare con più negozi. Spotify è su Flathub e [gli sviluppatori] possono effettuare push su di esso. Se domani avranno una discussione con Flathub potranno creare il loro negozio e lo stesso client Flatpak continuerà a lavorarci.
La stessa cosa non può essere effettuata con SNAP, che nascendo solo come client verso l’Ubuntu Store lascia il controllo totalmente a Canonical creando, come afferma Lefevre, un problema oltre che di gestione (gli aggiornamenti dipendono da Canonical) anche in qualche modo “morale”, poiché di fatto in questo senso Canonical è monopolista dello strumento.
Poco da obiettare in questo senso, tanto che la presa di posizione molto netta ha fatto in fretta il giro del mondo, sino ad arrivare alle porte di Canonical che ha voluto subito, come riporta ZDNet, precisare:
We would welcome Linux Mint to engage with us and our community to discuss such topics, as we do with other distributions, and work together going forward.”
Saremmo lieti di vedere Linux Mint impegnata con noi e la nostra comunità a discutere di questi argomenti, come facciamo con altre distribuzioni, e lavorare insieme per il futuro
Quindi totale apertura in questo senso, senza però tenere conto di quello che è il peccato originale riportato a monte da Lefevre: l’Ubuntu Store è affare unicamente di Canonical. C’è da scommettere che fino a quando questo presupposto non verrà annullato (verosimilmente mai), Mint rimarrà sulla strada intrapresa.
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