Freemium: giochi gratis con l’inganno? [Editoriale]

By Giuseppe F. Testa

freemium

App freemium: termine che sentiamo sempre più spesso sugli store dei nostri device, una sorta di “limbo” tra app free e quelle a pagamento. Il mercato delle app freemium per i dispositivi mobili è ormai enorme e continua ad aumentare di giorno in giorno perché come vedremo conviene moltissimo agli sviluppatori; nelle prossime righe vedremo di capire cosa si nasconde dietro a questo modello di business.

Al solito, prima di entrare nei dettagli partiamo dal’inizio, in particolare scopriamo cosa significa esattamente quando un programma viene indicato come app freemium.

Cosa significa app freemium?

Il termine freemium deriva dall’unione di due termini inglesi: free (gratis) e premium che possiamo tradurre come “premio, migliore, super”. Freemium indica un modo specifico di distribuire un determinato software (e di riflesso il modello di business applicato) e viene utilizzato prevalentemente nel mondo di Internet anche se il termine è piuttosto generico.

Scendendo nel particolare del mondo mobile significa che il software scelto è offerto in maniera gratuita dallo sviluppatore “nella quasi sua interezza” ma alcune componenti del gioco o alcuni livelli possono essere sbloccati solo dopo aver pagato una somma direttamente dentro l’app (acquisti in-app).

Per il mondo informatico questo tipo di software non sono una novità, infatti sono conosciuti da tempo immemore come shareware. Per noi utenti che non siamo interessati a questioni filosofiche, freemium è la versione più “moderna” di shareware.

Ormai avete capito che il concetto di freemium si applica a tutti i tipi di software, non solo alle app per dispositivi mobili. Per cercare di semplificare le cose possiamo individuare alcune tipologie fondamentali di freemium.

Tipologie di freemium

Ecco i vari tipi di freemium applicati ai giorni nostri:

  • con limiti nelle funzionalità – questa tipologia è tra le più odiate perché tutte le funzionalità inutili sono gratis mentre quelle interessanti sono rigorosamente a pagamento. Un esempio? Applicazione per disegnare, tutto gratis, perdi due ore a disegnare e poi quando vai per salvare o stampare la tua opera ti accorgi che sono funzioni a pagamento;
  • con limiti nelle capacità – sono quei software completamente funzionanti, però sono appositamente limitati per permettere di non utilizzare alcune funzionalità più avanzate (demo);
  • con limiti di tempo – l’esempio classico sono quei software completamente gratuiti ma solo per un certo numero di giorni, solitamente 30 (trial). Scaduto il periodo se voglio continuare ad utilizzare il software dovrò pagare;
  • con limiti nel numero degli utenti – si applica molto in ambito aziendale, puoi utilizzare una applicazione ma solo per un numero specifico di utenti, spesso gratis significa un solo utente;
  • con limiti in base al tipo di cliente – l’esempio classico sono gli antivirus, gratis per uso domestico (privati) e a pagamento per uso commerciale. Oppure un’altra tipologia piuttosto famosa sono i software educational, cioè gratis ma solo per uso in ambito didattico;
  • con limiti nello sforzo – molto usata nei giochi per mobile, tutto è gratuito però l’acquisto di oggetti/funzionalità aggiuntive (a volte necessari per proseguire) permette uno sviluppo del gioco molto più rapido e spesso decisivo; chi paga finirà il gioco prima e con maggior vantaggi, chi non paga passerà ore ed ore a raccogliere monete e ticket per proseguire nel gioco di un solo livello;
  • con limiti nel supporto – molte applicazioni completamente gratuite rientrano in questa categoria, significa che il supporto non è garantito oppure è a completa discrezione dello sviluppatore.

Critiche al modello freemium

Ma si può trovare dei difetti a qualcosa di gratuito? Nei giochi esiste il termine dispregiativo “Pay2Win”, tradotto come “Paga per vincere”, che indica tutti quei giochi freemium che però concedono troppi vantaggi a chi paga rispetto a chi gioca in modo completamente gratuito.

Capite bene che è inutile pubblicizzare come gratuito un gioco che per essere completato senza pagare richiede decenni, la cosa è piuttosto fastidiosa e deve essere spiegata bene all’utente prima che inizi a giocare.

Questo modello di business però sta prendendo piede velocemente perché è “vigliaccamente redditizio” rispetto alle app gratuite con pubblicità inclusa e alle app a pagamento “pure”: il giocatore inizia ad apprezzare il gioco nei primi livelli, inizia a divertirsi sul serio nei livelli successivi fino ad arrivare ad una vera e propria dipendenza…e qui che arriva “il diavolo”: sul più bello il gioco diventerà praticamente impossibile da finire/completare senza l’ausilio della moneta contante, tramite la quale acquistare gli oggetti o gli accessori necessari a completare i livelli rimanenti.

Lo sviluppatore inizierà a guadagnare un sacco di soldi grazie alla schiera di “zombie-dipendenti” pronti a spendere un sacco di soldi solo per vedere come finisce il gioco o “per finirlo prima di mio cugino”.

Un modello di business indubbiamente subdolo ma economicamente efficace, che premia i giochi più divertenti con un flusso di denaro costante verso lo sviluppatore, che fa soldi non nell’acquisto diretto dell’app ma direttamente durante il suo svolgimento. Percentualmente questo modello garantisce (nei giochi giusti) fino al 270% di ricavi in più rispetto alla vendita “pura” di tutto il gioco e fino al 389% in più rispetto alle app “free con ads”, con i classici messaggi pubblicitari inseriti nel gioco.

Freemium su PS4, Xbox One e PC?

Non è un caso che questo modello sia ormai “tenuto sott’occhio” anche dalle grandi case produttrici di giochi per console e per PC: il “modello DLC” ripaga fino ad un certo punto, stanno già studiando percorsi alternativi per offrire i loro prodotti videoludici sulle maggiori piattaforme di gioco e questo modello è tra i più accreditati. Per ora questo modello è presente nel gaming PC e console solo nel gioco multiplayer senza incidere più di tanto, ma presto si teme un’espansione del fenomeno anche per i giochi single-player.

Tra un po’ non meravigliamoci se avremo questo tipo di giochi su console o su PC: giochi venduti a 2-4 euro via Steam o servizi simili, con un numero predefinito di livelli o missioni a cui giocare; sul più bello il gioco chiederà il pagamento di una somma di denaro aggiuntiva per “non alzare troppo il livello di difficoltà” o per proseguire.

E per chi non vuole pagare? Difficoltà settata al massimo, senza HUD e senza aiuti grafici che, almeno che non siate dei maghi del pad, significa frustrazione e impossibilità a finire il gioco rispetto ai giocatori “paganti”.

Cosa ne pensate di questo modello di business? Siete disposti a giocare i prossimi giochi con difficoltà crescente e costi proporzionali all’abilità dei giocatori oppure preferite rimanere sul classico, con giochi che acquisti “per intero” con libertà di scelta su come finire il gioco?

L’articolo Freemium: giochi gratis con l’inganno? [Editoriale] appare per la prima volta su Chimera Revo – News, guide e recensioni sul Mondo della tecnologia.

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