By Simone Aliprandi
La sentenza rappresenta, assieme alla simile ordinanza fiorentina sulle riproduzioni del David di Michelangelo (
vedi articolo), un interessante precedente sull’applicazione e intepretazione giurisprudenziale dei principi di cui agli articoli 107 e 108 del Codice Beni Culturali.
Di seguito riporto il testo della sentenza, sia in versione PDF scan (da SlideShare) sia in versione testuale OCR.
Per approfondimenti sul tema, rimando ai seguenti miei contributi:
–
Vincoli alla riproduzione dei beni culturali, oltre la proprietà intellettuale. Il mio contributo per Archeologia e Calcolatori (
vai)
–
Tutela dei beni archivistici e culturali: questione di copyright? (
vai)
– Potrebbe esserci un copyright: il mio intervento a itWikiCon 2017 (vai)
Sentenza n. 4901/2017 — pubblicata il 21/09/2017 — RG n. 1471/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PALERMO
Prima Sezione Civile
Nella persona della Dott.ssa Sebastiana Ciardo, in funzione di Giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n° 1471 del Ruolo Generale degli Affari contenziosi civili
dell’anno 2014
TRA
Fondazione Teatro Massimo in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Palermo, in via Caltanissetta n. 1, presso lo studio degli avv.ti Giuseppe Mazzarella e Roberta Sanseverino che li rappresenta e difende per mandato in atti ATTORE
CONTRO
Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a. in persona del legale rappresentate pro tempore,
la rappresenta e difende per mandato in atti COVENUTA OPPOSTA
Conclusioni delle parti: le parti concludevano come da verbale dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 16 maggio 2017.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato la Fondazione Teatro Massimo, in persona del legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio la Banca Popolare del Mezzogiomo, in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo: ritenere e dichiarare la Banca Popolare del Mezzogiomo, responsabile per le causali esposte in narrativa, dell’illecito utilizzo e riproduzione dell’immagine del Teatro Massimo di Palermo e, conseguentemente, condannare l’odierna convenuta al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore della Fondazione Teatro Massimo, quantificati in complessivi € 200.000,00 o nella minore o maggiore somma, se del caso equitativamente determinata, ritenuta di giustizia; ancora, condannare la Banca Popolare del Mezzogiorno al risarcimento dei danni patrimoniali in favore dell’odierna attrice quantificati in complessivi € 1.600.000,00 o nella minore o maggiore somma, se del caso equitativamente determinata, ritenuta di giustizia, con salvezza di spese ed onorari.
A fondamento delle domande proposte l’attrice esponeva che la Banca Populare del Mezzogiorno, in assenza di permesso o autorizzazione, aveva avviato una massiccia campagna pubblicitaria denominata “Palermo al centro”, affiggendo cartelloni riproducenti la fotografia del Teatro Massimo, alfine di promuovere le proprie agenzie presenti sul territorio, sì da associare l’immagine di uno dei più grandi e prestigiosi teatri del mondo.
Soggiungeva di vantare un diritto all’utilizzo esclusivo del bene e della stessa immagine, in forza dell’art. 15 D.Lgs. 367/1996, che poteva concedere in uso a privati solo in forza del combinato disposto degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 42/2004, previa autorizzazione rilasciata dalla stessa Fondazione in cambio del pagamento di un canone concessorio determinato ai sensi dell’art. 108.
Allegava l’esistenza sia di un danno patrimoniale, per mancato introito della somma dovuta a titolo concessorio, sia di un danno all’immagine derivante dallo sfruttamento della riproduzione di un bene avente un elevato interesse storico ed artistico per fini di lucro.
Si costituiva in giudizio la Banca Popolare del Mezzogiomo, in persona del legale rappresentante pro tempore, la quale contestando nel merito l’azione proposta rilevava preliminarmente, di avere affidato incarico per la promozione pubblicitaria dell’imminente trasferimento nel centro citta di alcune agenzie, alla società [OMISSIS] la quale aveva, a sua volta, reperito le fotografie del Teatro Massimo sul sito web gestito da [OMISSIS] società statunitense operante a livello mondiale con legittimo utilizzo dell’immagine già presente sul web.
Rilevava altresì, che per 1’immagine di beni visibili all’estremo non esisteva alcun diritto di privativa ed erano liberamente fruibili da terzi anche per fini commerciali purché l’uso fosse non pregiudizievole per il valore artistico e culturale dell’opera raffigurata.
Contestava infine la domanda sotto il profilo del quantum risarcitorio richiesto a titolo di “prezzo del consenso”, del tutto privo di supporto probatorio evidenziando, inoltre, che nessuna violazione dell’immagine era potuta scaturire da fotografie associate ad un girotondo di bambini, figura piuttosto gioiosa avente valenza promozionale.
Cosi concludeva: “rigettare integralmente perché infondate in fatto ed in diritto, per le motivazioni sopra esposte, sia sotto il profilo dell’an che del quantum debeatur, tutte le domande, ragioni eccezioni e difese proposte dalla Fondazione Teatro Massimo di Palermo, con alto di citazione notificato in data 27.01.2014 perché illegittime, inammissibili, carenti di prova alcuna e comunque non dovute perché illegittime e prive dei presupposti giuridici. Condannare controparte al pagamento delle spese, competenzeed onorari di causa.”
All’udienza del 16 maggio 2017 sulle conclusioni precisate dalle parti la causa stata posta in decisione.
Tanto premesso, la vicenda che fa da sfondo alla domanda risarcitoria proposta trae origine dall’utilizzo dell’immagine del Teatro Massimo, sulla cartellonistica pubblicitaria utilizzata dalla Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a. (di seguito RPM) per la campagna “Palermo al centro”.
La Fondazione Teatro Massimo (di seguito Fondazione), invocando la normativa contenuta nel D.Lgs. 42/2004 (c.d. codice dei beni culturali), ha lamentato l’indebito utilizzo dell’immagine del teatro senza che la convenuta avesse preventivamente chiesto alcuna concessione nè avesse pagato il relativo corrispettivo, oltre ad una lesione della stessa immagine impiegata a scopo di lucro.
Prima di analizzare partitamente le due doglianze e i diversi segmenti del diritto fatto valere in giudizio, è necessario muovere dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, invocato dalla stessa attrice.
In via preliminare e in punto di legittimazione attiva, peraltro mai contestati dalla convenuta, deve osservarsi che la Fondazione vanta un diritto all’utilizzo del bene, inteso in senso ampio, fondato sul disposto dell’art. 15 D.Lgs. 367/1996 che reca norme in materia di “Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato” e che al II comma “Uso dei beni culturali”, e destinata ad una regolamentazione generate dettata per l’utilizzo dei predetti beni.
Ora, nel codice la riproduzione e/o la divulgazione è considerata una forma d’uso del bene, che può essere operata anche dal privato, presumibilmente per una propria utilità,e pertanto va soggetta ad una misura autorizzatoria da parte dell’autorità competente, nonché, normalmente, all’onere di un corrispettivo pecuniario, da individuarsi Sulla base dei parametri indicati dal successivo art. 108.
L’articolo 107, composto da due commi, indica, al primo comma la possibilità da parte degli enti pubblici di consentire la riproduzione dei beni culturali in loro consegna fatte salve le disposizioni in materia di diritto d’autore e quelle del successivo comma secondo, in cui è contenuto il divieto di riproduzione tramite calchi dagli originali di sculture o di opere a rilievo.
L’articolo 108 cosi testualmente recita: 1. I canoni di concessione ed i corrispettivi connessi alle riproduzioni di bei culturali sono determinati dall’autorità e che ha in consegna i beni. tenendo anche conto:
a) del carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni d’uso;
b) dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni;
c) del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni;
d) dell’uso e della destinazione delle riproduzioni nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente.
2. I canoni e i corrispettivi sono corrisposti, di regola, in via anticipata.
3. Nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste o eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro. I richiedenti sono comunque tenuti al rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione concedente.
3 bis. Sono in ogni caso libere le seguenti attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale:
1) la riproduzione di beni culturali diversi dai beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità ai sensi del capo III del presente titolo, attuata nel rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto di autore e con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, ne’ l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti delta cultura, Paso di stativi o treppiedi;
2) la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro.
4. Nei casi in cui dall’attività in concessione possa derivare un pregiudizio ai beni culturali, l’autorita` che ha in consegna i beni determina l’importo delta cauzione, costituita anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa. Per gli stessi motivi, la cauzione `e dovuta anche net. cast di esenzione dal pagamento dei canoni e corrispettivi.
Il quadro esposto consente, dunque, di ritenere che la riproduzione e/o la divulgazione, indicati nei punti nn. 1) e 2), sono consentiti anche ai privati, purchè venga fatto “senza scopo di lucro”, dovendosi intendere tale inciso riferibile in via generale a tutte le ipotesi di esenzione e perle finali indicate dalla norma Indi, la norma prevede il pagamento di un corrispettivo per la riproduzione, determinato dall’autori che ha in consegna il bene in considerazione di modi e finali della riproduzione: l’importo minimo comunque fissato con provvedimento dall’amministrazione concedente. La riproduzione per uso personale, per motivi di studio o richiesta da soggetti pubblici per finalità di valorizzazione non da luogo a pagamento.
Tale normativa, intervenendo dopo alcuni anni dalla legge 433/1992 (cd. Legge Ronchey) ha cosi attuato un mutamento di prospettiva Sulla riproduzione dell’immagine dei beni culturali: dalla previsione di un pagamento connesso all’uso in situazioni particolari, si passati ad un generalizzato obbligo di richiesta di concessione previo versamento di un corrispettivo, con l’esclusione di delimitati Casi di utilizzazioni libere.
Ciò che, dunque, rispetto al passato rileva è 1’attribuzione di un potere direttamente alle amministrazioni concedenti di fissare le tariffe, senza per ciò stesso essere vincolate a quelle di dirette emanazione del precedente Testo unico, vale a dire quelle contenute nel D.M. 8.4.1994.
La generalizzata applicazione del sistema tariffario, foriera di problemi nei casi proprio di beni situati in un ambiente aperto, come appunto i teatri giacché mentre in un ambiente chiuso è agevole controllare 1’eventuale riproduzione e diffusione dell’immagine di quanto esposto; di contro, in un ambiente aperto, 1’immagine fruibile da ciascun consociato rende complessa qualsivoglia forma di controllo.
A riguardo, il quadro normativo di riferimento completato dalla fonti di normazione secondaria emanate dall’Assessorato regionale siciliano ed in particolare le due circolari dianzi richiamate che, nel far riferimento al codice dei beni culturali, rimandano proprio al sistema tariffario previgente.
In particolare, la circolare regionale n. 15/2011 cosi, infatti, testualmente dispone:
“Circa la concessione a riprodurre i beni culturali, purche` non ne derivi Glenn danno, di norma se ne consente la riproduzione secondo i en.ten- e le modalita` di cut al D M 20 apn.le 2005 e del DDG n.846 del 30 maggio 2011, parzialmente modificativo del tariffario di cut al D.M.8 aprile 1994. L”esenzione dal canone puo` veriflcarsi nel caso di utilizzo diretto dei beni cultural: fattispecie che si concretizza net caso di iniziative di carattere culturale, artistico e scientiflco che 1’Amministrazione realizza anche attraverso le z.S fl.tuziOni pubbliche individuate dall ‘art.19 delta Lr.n.9102, ovvero net caso di indirizzo politico-amministrativo dell ‘Assessore dei Bent- Culturali e dell7.S’.
Alla stregua di quanto precisato, dunque, deve riconoscersi il diritto, in capo alla Fondazione di ottenere il pagamento di un canone, ai sensi del richiamato art. 108, sebbene l’attrice non abbia fornito alcun elemento per determinate 1’eventuale canone di concessione che la BPM avrebbe dovuto pagare, integrante l’allegato danno patrimoniale.
Ed invero, seppur l’istituto di credito convenuto abbia stipulato regolare contratto affidando ad una società terza l’organizzazione della campagna pubblicitaria e le immagini del Teatro Massimo siano state reperite sul web, la divulgazione a fini commerciali rientra comunque nell’ambito di applicazione della normativa richiamata che, come detto, ha inteso uniformare la disciplina dell’utilizzo dei beni culturali e ciò allo scopo, tra gli altri, di consentire una qualche forma di controllo, finalizzato ad evitare un uso comunque distorto e contrario alle finali tipicamente culturali.
Ciò, dunque, avrebbe imposto all’istituto di credito ovvero alla società affidataria dell’incarico di richiedere la concessione per l’utilizzo e la riproduzione dell’immagine per uso privato e commerciale con obbligo di corrispondere il c.d, “prezzo del consenso”, come definito dalla stessa societa attrice.
II mancato pagamento di quanto dovuto integra danno patrimoniale che, tuttavia, la Fondazione non supporta dal punto di vista neppure assertivo non allegando alcun parametro utile alla relativa liquidazione n pu6, ragionevolmente ritenersi che l’esosa somma richiesta, priva di ogni riferimento, possa costituire effettivamente la misura del corrispettivo per la divulgazione dell’immagine del Teatro Massimo, su alcuni cartelloni pubblicitari affissi in alcuni quartieri della citta, per un tempo limitato.
Dal quadro normativo esposto discende che rispetto a tale forma di riproduzione e divulgazione il potere di stabilire i canoni per la relativa concessione rilasciata a terzi privati sia stato rimesso al direttore dell’istituto e che, nella specie, nessuna determinazione tariffaria risulta approvata n dall’organo deliberativo della Fondazione n dall’ente pubblico proprietario o, perlomeno, nessun atto stato versato nel processo.
Ne consegue che la carenza di elementi postula l’applicazione dei parametri tariffari previsti ancora dal DM 8.4.1994, come modificato dalle successive fonti di normazione secondaria, adattati al caso di specie, che attiene alla divulgazioni di immagini tratte da web.
Le tariffe applicabili saranno queue riferibili a “Riproduzioni in facsimile, copie e prodotti derivati” di cui alla cap. V, Che prevede un “corrispettivo fisso di lire 500.000 cui si aggiunge un _Deposito cauzionale” pari a lire 2.500.000, oltre all’aggiunta di una percentuale pari al 6% da calcolarsi “sull’introito lordo derivante da qualsiasi uso del materiale riprodotto, qualsiasi route venga utilizzata per la riproduzione di beni culturali in consegna al Ministero per i Beni Culturali”.
In ipotesi, tuttavia, non si ha alcun elemento per individuate la misura degli introiti lordi derivanti alla BPM dall’uso del materiale pubblicitario, che, si ribadisce era destinato esclusivamente a pubblicizzare il trasferimento di agenzie dell’istituto di credito convenuto verso la zona centrale della citt di Palermo.
Indi, in totale carenza di prove, rilevato che, trattandosi di danno patrimoniale il relativo onere probatorio era interamente gravante su parte attrice, non potm applicarsi nessuna integrazione della percentuale del 6% e le Somme indicate pari ad euro ‘, dovranno essere triplicate, per il caso di riproduzione prevista per casi particolari non oggetto di un debito di valore deve essere rivalutata dalla data dell’illecito, identificare con il periodo della diffusione dell’immagine, novembre 2013, e Si determina in euro In ordine al secondo segmento della domanda risarcitoria proposta, relativo all’asserito danno non patrimoniale derivante dalla lesione all’immagine causata dalla diffusione della fotografie del Teatro Massimo per finalita commerciali della RPM, la relativa doglianza del tutto priva di fondamento.
Premessa la piena tutelabilita del diritto all’immagine in capo lle persone giuridiche, titolari del relativo diritto giacch stato da tempo affermato “A//orquando si ven`f4tehz. la lesione dz. tale .zmmagine, `e risarcibz.le, oltre al danno patrimon!ale, se ven.fzcatosi, 1.1 danno non patrimon.tale costz.Wz.to – come danno cd conseguenza – dalla dimimtzione delta considerazione delta persona giun~dica o dell’cute in cut sz. esprime la sua immagine, sia sotto ilproflo delta incl.denza negativa eke tale d!minuzz~one comporta nell’agire delle persone fsiche eke rz.coprano gZi organ! dellapersona giuridz.ca o dell’cute e, quindi, nell’agire dell’ente, sia sotto ilprofzlo delta diminuzz.one delta consz.derazione da parte dez. consociatz. in genere o dz. settori o categoric di essz. con le qualz. la persona gz.un.dica o Irenic dz. Hanna z.uteragisca” (Cass~ 11.8.2009 n. 18218; idem Cas~ 16~11.2015 n. 23401), Della specie Si ritiene che, sebbene la Ranca abbia riprodotto la fotografie dell’opera in alcuni cartelloni pubblicitari per fini commerciali, le modalita di riproduzione nOD SOHO state in alcun modo denigratorie n lesive del valore storico – artistico del teatro – Piuttosto, come del resto rilevato daHa stessa convenuta, il messaggio pubblicitario complessivo, derivante daH’associazione grafica della fotografie con il girotondo di bambini, da ritenersi del tutto positivo e promozionale della beHezza del monumento, rappresentativo del centro di Palermo.
Nessun danno non patrimoniale, dunque, pu6 dirsi integrato dalla campagna pubblicitaria n6, sul punto, l’attrice ha minimamente allegato alcun elemento da cui desumere l’esistenza delrelativo pregiudizio.
Sicch la relativa domanda deve essere rigettata.
Pertanto, in parziale limitato accoglimento dell’azione proposta, la società convenuta deve essere condannata a pagare alla Fondazione Teatro Massimo la somma di Euro [OMISSIS] oltre gli interessi legali dalla data della domanda fino al soddisfo.
In ordine al regolamento delle spese di lite, considerato che la domanda proposta ha quantificato il danno in misura del tutto spropositata rispetto alla liquidazione effettuata in sentenza, rilevato il parziale rigetto, e ritenuta la particolarità delle questioni proposte di natura prevalentemente interpretativa, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale
ogni contraria istanza ed eccezione respinta e definitivamente pronunciando, in, parziale accoglimento limitato accoglimento della domanda proposta dalla Fondazione Teatro Massimo di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, condanna Banca Popolare del Mezzogiomo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare alla Fondazione Teatro Massimo di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, la complessiva somma di euro oltre gli interessi legali dalla data della decisione fino al soddisfo; compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso a Palermo in data 15 settembre 2017.
II Giudice
Dott.ssa Sebastiana Ciardo
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