Referendum e riforme: questioni tecniche non facili per il cittadino medio
In compenso dopo aver parlato con diverse persone che mi hanno espresso le loro opinioni e considerazioni sul voto, mi è venuto il mio solito prurito pedante e sono quindi “costretto” a fare una precisazione su una questione tecnica.
Tre delle persone con cui ho parlato, mi hanno espressamente confessato di aver votato NO o di non essere andati a votare non tanto perché contrari ai contenuti della riforma, quanto perché non avevano apprezzato il fatto che questa riforma mettesse tante questioni insieme. “Sarebbe stato meglio avere dei quesiti separati, come negli altri referendum”, hanno detto.
Ecco che arriva il nodo della questione tecnico-giuridica.
La nostra costituzione prevede due tipi di referendum: abrogativo e confermativo. Quelli visti in questi ultimi anni su singoli quesiti erano abrogativi. Il referendum del 4 dicembre era invece confermativo.
Nel referendum confermativo i cittadini votano su un testo di legge che è già stato approvato dal parlamento in tre sedute (secondo una procedura complessa). Sostanzialmente il popolo è chiamato a dire se quel testo di legge (in questo caso, Legge Costituzionale) gli va bene o non gli va bene.
Per com’è strutturata il nostro sistema costituzionale e il procedimento di revisione costituzionale, un referendum confermativo su una legge costituzionale non può che essere fatto di un unico quesito. Non è stata una scelta strategica o politica, bensì l’unica possibilità.
Questo per dire che la motivazione “ho votato NO/non sono andato a votare perché preferivo i quesiti separati” è una motivazione insensata.
Come corollario a questa riflessione tecnico-giuridica, ne faccio per un’altra più ampia. Le persone che mi hanno fornito questo loro punto di vista avevano tutte e tre una formazione molto elevata (post lauream). Non erano dei giuristi o dei politologi, ma comunque sono persone con un alto profilo culturale e che si informano costantemente.
Mi viene da pensare quindi: se persone come loro sono cadute in questo equivoco, pensiamo in quali altri equivoci sono cadute le persone che hanno strumenti culturali ancora minori per comprendere i complessi meccanismi dell’amministrazione della cosa pubblica.
Non è un discorso classista e non è per dire che il voto in materia costituzionale debba essere riservato agli esperti di diritto costituzionale; ma è più che altro per dire che nell’attività di informazione e comunicazione relativa ad occasioni storiche e delicate come questa (quindi ad esempio anche il referendum UK sulla Brexit) bisogna considerare questo problema di “comprensione” da parte del cittadino medio. Un cittadino che non comprendere adeguatamente le questioni in gioco è una preda più facile per il populismo e per chi vuole strumentalizzare il suo voto. E questo è un problema.
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