Il Ministero della Difesa non rischia nulla grazie all’aiuto di LibreItalia

By Marco Giannini Questo pomeriggio, durante una delle mie solite navigate post caffè, mi sono imbattuto in questo [Quanto risparmia e cosa rischia l’Esercito scegliendo LibreOffice] articolo di Wired dove l’autore fa alcune considerazioni sul passaggio a LibreOffice del Ministero della Difesa.

Dopo aver letto l’articolo a me, e penso anche a molti di voi, è salito l’embolo per via di alcune informazioni date che sono alquanto di parte. Ma andiamo con ordine rispondendo a tutti i punti critici citati.

“Open” non è sempre “bene”

L’autore dell’articolo sostiene che ci sono programmi open source migliori di programmi commerciali, ma ce ne sono anche di ben peggiori.
Qui fa la classica scoperta dell’acqua calda. Un qualsiasi utente avanzato, specie se lavora nel settore dell’informatica, è pienamente consapevole di questo. Volete un esempio sensato? Ci sono CAD liberi che non hanno la stessa semplicità d’uso e funzionalità avanzate di un prodotto commerciale, e ci mancherebbe altro visto che molti di questi programmi, che spesso sono di nicchia e vengono usati solo da professionisti del settore, sono sviluppati da anni da team di programmatori esperti che si dedicano solo a quel specifico settore. Le controparti open source sono invece spesso portate avanti da utenti che sviluppano software in modo amatoriale da soli o in compagnia di altri utenti. Fin qui, se facciamo un discorso sui CAD, posso capire la critica.
Nell’articolo originale però il metro di paragone che viene usato è quello dei software di fotoritocco citando il solito esempio GIMP Vs Photoshop asserendo che GIMP non riesce nemmeno lontanamente ad eguagliare Photoshop in interfaccia (l’interfaccia?, seriously??) e funzionalità. Questa affermazione può essere facilmente smentita dal fatto che ci sono professionisti di alto livello che utilizzano GIMP e altri software open source per realizzare opere di elevata qualità come ad esempio gli autori di Weybec Studio, ma il mondo è pieno di professionisti che usano abitualmente GIMP per i loro lavori. Al massimo, se si voleva fare una critica si poteva obiettare che GIMP, per motivi legali, non supporta il Pantone.
Ma tutti questi discorsi riguardano comunque nicchie di utenti professionali, l’utente domestico che vuole ritoccare qualche foto ha davvero la necessità di comprare una licenza commerciale di Photoshop o magari, peggio ancora, craccarla?

“Meglio” non è sempre “meglio”

Qui si cade nel luogo comune. L’esperienza utente che offre un desktop environment moderno è compatibile con l’uso di tutti i giorni, Nel mio piccolo ho messo davanti a utenti comuni (con magari difficoltà anche nell’usare Windows) diversi ambienti desktop senza vedere crisi isteriche nelle cavie.
Oltre a questo ci tengo a sottolineare che il mio nipotino si muove tranquillamente su tutti i desktop environment con cui entra in contatto; sarà un genio lui o è semplicemente il fatto che l’interfaccia grafica e l’usabilità sono solo questione di approccio iniziale?
Se poi vogliamo citare il discorso gestione del sistema, aggiornamenti, stampa, navigazione etc, be a Linux non manca nulla, sono operazioni semplici con qualsiasi distribuzione commerciale e con qualsiasi desktop environment.
Le uniche problematiche a cui un utente non smaliziato può andare incontro è nell’installazione da zero del sistema operativo o nel ripristino dello stesso, ma quello accade anche ad utenti Windows e macOS, i negozi di informatica campano su questo.

Supporto

Qui l’autore ammette che esistono società che offrono supporto professionale su software open source, infatti ci sono big come Red Hat, SUSE e Canonical che fanno i big money fornendo supporto su software open source. Il problema nasce dopo quando l’autore, proseguendo nel discorso dice una infrastruttura critica non può e non deve basarsi solo sul supporto da parte di “volontari”. Ecco, qui mi fa pensare che non si sia informato su come avverrà la migrazione del Ministero della Difesa. Leggiamo assieme dal sito di LibreItalia:

In base all’accordo sottoscritto lo scorso 15 settembre, LibreItalia organizzerà un primo corso gratuito di formazione dei formatori, finalizzato a creare un nucleo di docenti in grado di formare i colleghi e supportare così, senza costi aggiuntivi, l’adozione di LibreOffice come programma di produttività individuale.
I docenti volontari di LibreItalia impegnati in questa prima attività sono Certified Trainer LibreOffice e hanno una lunga esperienza nell’ambito delle migrazioni. Il loro obiettivo è quello di guidare una squadra di 25 formatori professionisti del Ministero della Difesa nell’apprendimento delle funzioni di LibreOffice, da ritrasferire – secondo un modello di formazione a cascata – prima ad altri formatori interni, e poi agli utenti.

e prosegue con

Parallelamente a questa attività in aula, Ministero della Difesa e Associazione LibreItalia stanno lavorando alla realizzazione di un percorso di e-learning su LibreOffice, che verrà rilasciato con licenza Creative Commons per il riutilizzo da parte della comunità. Il percorso di formazione è finalizzato anche al superamento degli esami per la nuova ECDL, Patente Europea del Computer.
La formazione nei progetti di migrazione rappresenta, insieme alla comunicazione del progetto, uno dei punti cardine nel protocollo elaborato da The Document Foundation e adottato dal Ministero della Difesa. La formazione dei formatori interni consente un importante risparmio di risorse, che si va ad aggiungere a quello legato alla riduzione del costo delle licenze software.

In pratica si farà una cosa ancora migliore rispetto al mero supporto esternalizzato che tanto va di moda in questi anni. LibreItalia forma direttamente una squadra di 25 formatori professionisti interni al Ministero della Difesa. Parallelamente offre anche un percorso di e-learning su LibreOffice. Si forma dunque personale certificato internamente al Ministero e si forniscono strumenti e formazione a tutti gli altri utilizzatori finali. Cosa volete di più? Questo non toglie che, in caso di problemi specifici, la Difesa possa avvalersi di ulteriori consulenze.

Problemi hardware

Anche qui si fa un discorso generico sulla situazione supporto hardware. Innanzitutto bisogna specificare che per quanti riguarda schede video, schede di rete, wi-fi e stampanti al 90% il supporto hardware è fornito dalle stesse aziende. I driver Nvidia e AMD vengono realizzati dagli stessi programmatori, pagati dalle rispettive aziende, che si occupano di realizzare i driver per Windows quindi non vedo da cosa possa derivare l’asserzione “i driver dei software commerciali più importanti sono scritti meglio e con maggior professionalità” che l’autore fa. Oltretutto i driver servono a far funzionare le periferiche, mica il software.
Nel caso specifico se devo stampare un documento con LibreOffice su Windows cosa capperò centra il driver della stampante?

Garanzia

Anche in questo caso si parla del nulla. A quali garanzie ci si riferisce? Dove un software commerciale tutela l’utente? Per sua natura il software commerciale tende a tutelare il suo di investimento, non quello dell’utente, che invece si trova costretto a fidelizzarsi con il produttore del software. In questi ultimi anni vanno di moda gli abbonamenti a software commerciali che costringono l’utente a pagare una costo fisso ogni anno per poter avere il software sempre aggiornato.
Con il software open source e libero questo non c’è, le varie versioni sono fornite gratuitamente. Nel caso specifico di LibreOffice esiste poi una versione del programma chiamata LibreOffice Still raccomandata per l’uso professionale e che offre maggiore stabilità e sicurezza essendo sottoposta a più revisioni. Di cosa stiamo dunque parlando?
Oltre a questo c’è sempre da tenere in conto che LibreOffice ha un elenco di partner certificati che possono essere contattati per avere maggiore supporto.

Costi

Qui c’è da fare un distinguo ma anche una critica ad alcuni utenti entusiasti che sbandierano sempre il risparmio senza soffermarsi sui numeri. Quello che l’autore dell’articolo dice è vero, solo che anche in questo caso aggiunge alcune paroline che non sono vere per assoluto. L’autore dice testualmente “Viste le considerazioni precedenti, è giusto rivalutare il concetto di “risparmio” ottenibile con software open source. Non che non ci ci sia, intendiamoci: non è sempre vero che c’è.”
Il risparmio invece c’è sempre se la migrazione è fatta con i giusti criteri. C’è il risparmio nel costo delle licenze, c’è il risparmio sul costo dei contratti di assistenza, c’è il risparmio nel rimandare l’acquisto di nuove macchine per far girare il software nuovo (chi usa i CAD sa a cosa mi riferisco visto che ogni versione dei CAD commerciali aumenta l’asticella delle risorse hardware), c’è il risparmio sulle ore di lavoro (perché nelle migrazioni fatte come si deve, ed è questo il caso della migrazione del Ministero della Difesa, si formano gli utenti finali che non sono più lasciati a se stessi). Se volete quale esempio sul risparmio con migrazioni fatte come si deve potete dare una lettura a questi articoli:

e potrei continuare, basta cercare nel blog Pubblica Amministrazione e vedere i vari esempi, fra i quali alcuni già sperimentati in Italia.
I costi si possono abbattere basta volerlo, seguire un progetto da portare avanti in più anni e affidarsi a professionisti in grado di aiutare gli enti affinché la migrazione sia compiuta nel modo corretto.
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