Il flavour Cinnamon viene aggiunto agli ufficiali di Ubuntu, ma era proprio necessario visto che esiste Linux Mint?
Era il lontano 2020 quando parlavamo in un Saturday’s Talks della crisi di Ubuntu Cinnamon (nello specifico) e più in generale di tutte le distribuzioni definite “remix”, oggi, anno di grazia 2023, mese di aprile, è stata annunciata l’inclusione di Ubuntu Cinnamon tra i “flavour ufficiali” di Ubuntu, quelli cioè sponsorizzati da Canonical.
Al momento i flavor ufficiali di Ubuntu risultano essere questi:
- Kubuntu: che supporta il desktop KDE.
- Lubuntu: relativa al desktop LXQt.
- Ubuntu Budgie: che monta il desktop Budgie.
- Ubuntu Kylin: dedicata al mercato cinese con la Ubuntu Kylin User Interface (UKUI).
- Ubuntu MATE: con il desktop MATE, figlio di GNOME 2.
- Ubuntu Studio: dedicata agli ambienti musicali.
- Ubuntu Unity: che mantiene il “vecchio” desktop inizialmente promosso da Canonical (Unity, appunto) e poi abbandonato in favore di Gnome.
- Xubuntu: che monta il desktop Xfce.
Nel breve quindi a questa lista verrà aggiunto anche Ubuntu Cinnamon, che fino ad oggi era stato gestito da un team a sé, tanto che la mail dell’annuncio si conclude con un “Welcome to the family!” lanciato dal responsabile di Canonical.
Ora, come è facile notare, ciascuno di questi flavor rappresenta, nella maggioranza dei casi, una minima variazione sul tema Ubuntu, incentrata prevalentemente sul Desktop environment, quindi tranne forse il caso di Ubuntu Studio, che si occupa di raggruppare tutti i software per la produzione audio/video, un flavour è l’insieme di pacchetti che starebbero normalmente in una ppa, uniti ad una grafica e dei temi creati affinché l’ambiente sia “integrato” in Ubuntu.
Ora, io sono un profondo estimatore di Cinnamon. Lo uso da sempre. Proprio per questo si innesca in me il ragionamento relativo all’esistenza stessa di Ubuntu Cinnamon (che nell’articolo del 2020 descrivevamo come in crisi): esiste Linux Mint! Ed è la casa del desktop Cinnamon. Linux Mint è poi Ubuntu based, ed è un progetto che da tempo vive grazie all’effort di chi ne cura lo sviluppo, le evoluzioni e le raccolte fondi.
Da qui la domanda: degli ormai 9 flavour di Ubuntu, ciascuno dei quali necessità di un team, di effort, di sforzi, di coordinamento, sono proprio tutti tutti necessari? È proprio necessario avere un flavour diverso per ogni Desktop esistente sul pianeta? Non sarebbe meglio per i team dei flavour collaborare con i progetti originali ed unificare gli sforzi per il bene comune degli stessi?
Fermo restando la libertà di ognuno di impiegare il proprio tempo come meglio crede (e ci mancherebbe) penso che la domanda qualcuno dovrebbe porsela.
Il fatto che esistano così tante micro community nella community globale fa pensare che l’accoglienza tanto decantata e lo spirito di collaborazione forse è più una chimera che una realtà.
Non vorrei il pensiero passasse per pessimista, quando invece vuole essere un’analisi oggettiva dello stato delle cose.
Raoul Scarazzini
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
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