La battaglia per l’open | Cap. 3 – La pubblicazione in Open Access | Par. 3 – Il report Finch
LA BATTAGLIA PER L’OPEN: traduzione italiana curata da Simone Aliprandi del libro “The battle for open” di Martin Weller. Informazioni complete sul progetto di traduzione in questo post. Puoi suggerire miglioramenti nella traduzione aggiungendo un commento a questo post.
c’è una diffusa presa di coscienza che gli archivi di per sè non costituiscano una valida base per un sistema di comunicazione della ricerca che voglia dare accesso ad un contenuto di qualità garantita, poiché non forniscono nessuno strumento per una peer review delle bozze. Anzi si rifanno ad un’offerta di materiale pubblicato che è stato oggetto di una peer review da parte di altri; o in alcuni casi forniscono strumenti che permettono commenti o giudizi da parte dei lettori che diventano un sistema più informale di peer review una volta che il materiale è stato depositato e disseminato attraverso l’archivio stesso.
In un mondo ideale ci dovrebbe essere una maggiore integrazione tra il testo e i dati presentati negli articoli di giornale, con link diretti ai dataset; una conseguente diminuzione del materiale di supporto; e collegamenti bidirezionali, con interactive viewers, tra pubblicazioni e dati rilevanti contenuti negli archivi. La disponibilità e l’accesso a pubblicazioni e ai relativi dati allora diventa davvero integrata, in un sistema che si arricchisce reciprocamente.
si deve fare in modo che gli editori (sia che operino nel settore commerciale che nel no-profit) possano sostenere i costi della peer review, della produzione e del marketing, così come alti standard di presentazione, ricerca e navigazione, così come collegamenti e arricchimento dei testi (“semantic publishing”) che i ricercatori e gli altri lettori si aspettano sempre di più. Gli editori hanno anche bisogno di generare un surplus da poter reinvestire nell’innovazione e in nuovi servizi, per distribuire gli utili agli azionisti etc…
Crediamo che l’editore aggiunga ben poco valore al processo di pubblicazione. E non stiamo cercando di sminuire ciò che 7000 persone fanno ogni giorno nelle case editrici per vivere. Stiamo semplicemente osservando che se il processo fosse davvero così complesso e caro e se aggiungesse il valore che dicono gli editori, probabilmente un 40% di margine non sarebbe possibile.
La conclusione del report Finch (e il suo successivo aggiornamento che sostanzialmente non la cambia) non fa riferimento a questo problema e certo può peggiorare le cose. Perde anche un’opportunità di pensare a metodi più radicali attraverso i quali ottenere una buona divulgazione della ricerca, perché si assume la stabilità dell’attuale approccio.
Fonte: http://aliprandi.blogspot.com/2020/11/battaglia-open-cap3-pubblicazione-openaccess-par3.html
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