Saturday’s Talks: vi prego, smettiamola di confrontare OpenStack e VMware, sono due cose diverse!
La stesura di questo articolo era stata abbandonata, mi sembrava inutile voler sottolineare l’ovvio, pensavo che il mio continuo vedere pubblicità ed articoli comparativi fosse meramente una questione di cattiva attitudine personale, ma diciamo pure avversione, verso OpenStack, maturata nel corso di anni di sofferenza pratica diretta sul campo.
Invece recentemente ho dovuto realizzare come alla luce di blog post ufficiali, per quanto dal chiaro intento promozionale, e di continui banner che appaiono sui vari social media, non siamo di fronte ad un’azione spot, quanto ad una campagna che contiene informazioni inesatte e fuorvianti.
Sia chiaro: non è questo un mio giudizio tecnico nei confronti del prodotto OpenStack (ho già esplorato ampiamente altrove la questione) quanto più un grido di allarme per tutte le persone che si troveranno di fronte a quegli articoli ed a quelle pubblicità chiedendosi “ma vuoi vedere che OpenStack alla fine…“.
Ecco, no. OpenStack, alla fine, no.
La proposta dell’azienda madre di Ubuntu è semplice: tu cliente compri la consulenza dei nostri esperti che seguiranno l’installazione del tuo ambiente e mediante il supporto (che ti suggeriamo di comprare) potranno manutenerlo nel tempo. In questo modo, conti alla mano, rispetto alla soluzione VMware risparmierai. Semplice no?
Mica tanto.
Tolti i dati derivanti dall’analisi comparativa, che già scricchiolano:
- il costo delle licenze, che ovviamente per VMware c’è e per OpenStack no;
- l’hardware, che VMware richiede specifico ed invece OpenStack no, senza considerare come per performance adeguate questo sia imprescindibile in qualsiasi soluzione adottata;
- il costo della consulenza, più cara per VMware rispetto a Canonical, senza considerare come l’implementazione di VMware rispetto ad OpenStack non sia minimamente equiparabile a livello di complessità;
La comparazione che ostinatamente Canonical sta cercando di mettere sul piatto per giustificare l’esistenza stessa di un prodotto quale OpenStack, rasenta l’infondatezza. Per quanto comprensibile a livello di marketing, vista l’assenza di un prodotto manager di infrastrutture virtuali a catalogo da parte dell’azienda di Shuttleworth, dire che OpenStack è lo strumento adeguato per abbattere i costi derivanti da VMware è un’affermazione inconsistente.
OpenStack non è comparabile a VMware per svariate ragioni, ma la più importante si trova nella definizione stessa:
- OpenStack è uno strumento nato per la creazione di infrastrutture cloud private, la cui destinazione è il cloud stesso, con la volatilità intrinseca nella sua definizione. Per essere chiari: se si sta utilizzando OpenStack per erogare istanze immutabili e permanenti, lo si sta utilizzando male, in una forma contraria alla sua destinazione.
- VMware nasce come manager di infrastrutture di macchine virtuali, a volerlo confrontare con altri prodotti open-source si potrebbe parlare di OVirt o ProxMox. Lo strumento offre anche funzionalità che agevolano l’erogazione di istanze volatili (mediante strumenti aggiuntivi, come vRealize), ma la sua destinazione nativa d’uso è differente.
Quindi se una cosa emerge da queste due affermazioni è che le due soluzioni nella loro forma nativa risultano più complementari che concorrenti. Le funzionalità dei prodotti, al netto dell’utilizzo di VMware vRealize, possono essere comparabili (alla fine è di macchine virtuali che si parla), ma è soprattutto la destinazione d’uso a fare la differenza, cosa che nessuno in Canonical sembra capire.
E tutto questo senza nemmeno citare il discorso qualità del servizio, con storie di upgrade di successo difficilissime da trovare a fronte di un ritmo di sviluppo e di produzione di release che rimane forsennato (sempre una ogni sei mesi).
Mi spingo a dire, in conclusione, come la sconfitta più grande del progetto OpenStack sia proprio questo volerlo assimilare ad alternativa di VMware. Siamo tutti d’accordo su come una Fiat 500 opportunamente elaborata possa fare del fuoristrada, ma non è quella la sua destinazione d’uso, pertanto un elaborato tuning comprensivo di fiamme disegnate sulle fiancate rimane solo ed unicamente quello che è: un esercizio di stile.
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