Riproduzione con mezzi propri in biblioteca: libera… ma prima va compilato un modulo
Pensavo di aver davvero chiuso fino all’anno nuovo con notizie e commenti, ma mi è stata segnalata una perla troppo gustosa per non occuparmene tempestivamente.
In vari articoli ho segnalato che il sistema di tutela dei beni archivistici e culturali non mi convince; si veda l’articolo più recente “Tutela dei beni culturali: abbiamo un problema?“. Non mi convince nonostante lo scorso agosto sia stata approvata una nuova formulazione dell’art. 108 Codice Beni Culturali con cui si è stabilita la libertà di riproduzione con mezzi propri. Riporto a fini di completezza la parte rilevante della norma (commi 3 e 3 bis):
3. Nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste o eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici e privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro. I richiedenti sono comunque tenuti al rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione concedente.
3-bis. Sono in ogni caso libere le seguenti attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale: 1) la riproduzione di beni culturali diversi dai beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità ai sensi del capo III del presente titolo attuata nel rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto di autore e con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti della cultura, l’uso di stativi o treppiedi; 2) la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro.
Nonostante questa nuova formulazione sia un indiscusso passo avanti, comunque è l’approccio generale del sistema a non piacermi. Non mi piace cioè il fatto che la riproduzione di opere e documenti (i quali – ricordiamolo – sono stati realizzati secoli fa in tempi storici in cui non esisteva il concetto di “copyright” e in alcuni casi per la loro natura non sarebbero nemmeno soggetti a copyright in quanto non “creativi”), sia considerata “gentile concessione” della pubblica amministrazione nonché “eccezione” a un generale regime di riproduzione vietata e vincolata.
Questa mentalità di “gentile concessione” ed “eccezione” si riflette in casi deprecabili di singole pubbliche amministrazioni che fanno di tutto per trovare artifici con cui limitare ulteriormente e inspiegabilmente la riproduzione.
Emblematico è il caso dell’Archivio di Stato di Palermo, la cui dirigenza sembra continuare a infischiarsi della legge ormai in vigore da quattro mesi e a mantenere vincolate le riproduzioni secondo una propria autonoma interpretazione. A tal proposito rimando all’articolo “Libere riproduzioni con mezzo proprio: lettera di Archim alla direzione dell’Archivio di Stato di Palermo“, dove potete trovare anche il testo della assurda risposta della direzione dell’archivio.
Ma oltre alla vicenda di Palermo, già nota da qualche mese, oggi me n’è stata segnalata un’altra; forse meno grave, ma comunque sintomo della mentalità distorta di cui sopra.
Se andate sul sito della Biblioteca Marucelliana di Firenze alla pagina www.maru.firenze.sbn.it/servizi.htm#ser20 e cliccate sulla sezione “riproduzioni” arriverete al documento “Riproduzione fotografica con mezzi propri” (vedi screenshot nell’immagine qui sotto) che, con l’intento di voler informare l’utente sulla normativa vigente, ne fornisce un’interpretazione anche qui artatamente distorta.
Si legge infatti:
“L’autorizzazione alla libera riproduzione deve essere in ogni caso richiesta al personale compilando un modulo con cui si dichiara di conoscere la normativa sul diritto d’autore e le disposizioni introdotte dal Codice dei Beni culturali, di sopra richiamate.”
Mi spiace, ma non funziona così. Se la riproduzione è LIBERA, è libera; punto. Vanno sì rispettati i limiti già chiaramente indicati dalla legge; ma al di là di quei limiti è libera, a priori e generalmente. Non può essere subordinata alla compilazione di un modulo. Altrimenti torniamo al solito approccio della “gentile concessione” offerta dalla PA.
Confido che i responsabili della biblioteca fiorentina intervengano quanto prima per riparare a questo “infortunio”.
EDIT: dopo la pubblicazione dell’articolo, mi è stato segnalato che in realtà la primogenitura di questa “brillante idea” è di altro ente fiorentino. Infatti sul sito della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze si trova anche il modulo da compilare (link visitato oggi 28/12/2017), di cui riporto qui sotto uno screenshot. Trovo davvero assurdo questo modus operandi. Che libertà è se per esercitarla devo prima compilare un modulo e fornire le mie generalità?!
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