Ancora equivoci sul senso delle licenze Creative Commons
Quale di queste definizioni può essere considerata corretta?
1) le licenze CC sono licenze di libera distribuzione per opere dell’ingegno;
2) le licenze CC sono un metodo di tutela della paternità di un’opera creativa;
3) le licenze CC sono documenti che impediscono a priori usi impropri delle opere;
4) le licenze CC sono contratti di cessione esclusiva di diritti d’autore.
Quand’anche non si avesse certezza sulla risposta esatta, ritengo si possa procedere per esclusione; e così infatti procederemo.
Partiamo dalla “più sbagliata” in assoluto, cioè la n. 4. Le licenze CC sono per definizione non esclusive, non comportano una cessione dei diritti e a ben vedere non sono nemmeno propriamente dei contratti.
La n. 2 e la n. 3 incarnano invece due equivoci molto diffusi ma assolutamente da sradicare.
Nonostante tutte le sei licenze CC contengano la clausola “Attribution”, le licenze CC non sono in sé un metodo di tutela della paternità di un’opera creativa. Infatti se Tizio è autore di un brano musicale e di questa sua “paternità” c’è piena prova, non è la presenza di una licenza CC a cambiare la situazione; in altre parole, che Tizio rilasci l’opera con licenza CC o meno il suo status di autore e titolare originario dei diritti non cambia (a tal proposito vedi il post Le licenze non tutelano!).
Poi, pensare che le licenze CC siano documenti che impediscono a priori usi impropri delle opere è altamente ingenuo se non addirittura pericoloso. Detto in parole molto povere: se qualcuno vuole fare usi impropri della vostra opera, li può fare comunque, al di là che vi sia una licenza o un bel disclaimer “copyright – all rights reserved”. Non è la presenza di una licenza che vi da”a priori” maggiore controllo e maggiore tranquillità in tal senso. Anzi, paradossalmente, rilasciare un’opera con licenza CC può addirittura aumentare il rischio di usi impropri perché – purtroppo – molti utenti non conoscono bene il senso delle CC e pensano che “Creative Commons” significhi “fai quello che vuoi” (si veda ad esempio quanto accaduto al fotografo Caranti l’anno scorso).
Per esclusione dunque si arriva a poter dire che l’unica definizione “non sbagliata” tra queste quattro è la n. 1. Ammetto che la dizione “licenze di libera distribuzione” non è più molto diffusa e utilizzata (nemmeno io la utilizzo più molto nei miei materiali); ma resta comunque l’unica definizione corretta tra le opzioni offerte.
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