Con la morte di Unity muore anche il sogno di Linux sul desktop?

By Marco Giannini

transizione

Con la morte di Unity muore anche il sogno di Linux sul desktop? Ora vi spiegherò perché, a mio avviso, tale affermazione è potenzialmente vera.

Gli esordi
Unity nasce in casa Canonical inizialmente come interfaccia grafica destinata all’utilizzo sui notebook dove l’ottimizzazione degli spazi era una cosa fondamentale. Col tempo è stata estesa alla versione desktop diventando un tratto distintivo di Ubuntu, rendendo la distro subito riconoscibile, sia all’interno della comunità Linux, sia all’esterno.
Quante volte vi sarà capitato di riconoscere Unity/Ubuntu in programmi TV, film, telefilm ma anche sui computer di enti ricerca, università, scuole di ogni ordine e grado e talvolta anche sui PC di pubbliche amministrazioni e di attività commerciali.

Per noi fan del software libero e open source è sempre stata una gioia scorgere il look familiare di Unity nella vita di tutti i giorni e questo ci riempiva di speranza, che un altro modo di vedere l’informatica era possibile.

Le critiche
Unity/Ubuntu sono stati però fin da subito amati e odiati all’interno della comunità.

Vari sono i motivi dell’odio verso Unity/Ubuntu. Alcune volte Unity/Ubuntu è stata messa sotto accusa per il fatto di non contribuire in maniera decisiva alla comunità, non sviluppando software ma limitandosi semplicemente a pescare software qua e la o patchando quello che c’era per renderlo compatibile con Unity. Altre volte per via di vicende legate al tentativo di monetizzare il desktop con l’inclusione della ricerca su Amazon direttamente dalla dash di Ubuntu, un “patto col diavolo” che ha fatto storcere il naso anche a icone come Richard Stallman.

Le distanze con la comunità si sono poi ulteriormente allungate con la decisione di Canonical di buttarsi nel segmento del mobile con lo sviluppo di Unity 8 e di Mir. In particolare il server grafico Mir, legato a doppio taglio con Unity 8 e la convergenza lato mobile, è stato visto come un inutile spreco di tempo e risorse dall’altra parte della comunità Linux che si stava invece dedicando allo sviluppo di Wayland.
Da un lato bisogna anche capire Canonical, che aveva la necessità di poter controllare il codice per poterlo integrare al meglio in un prodotto commerciale come doveva essere Ubuntu per Smartphone e non poteva aspettare i tempi della comunità.
A questo si è aggiunto lo sviluppo di Snap che è entrato subito in contrapposizione con flatpak, supportato invece da GNOME Foundation e da Red Hat.

A chi ha fatto male?
Tutto questo però si è rilevato controproducente lato “simpatia” da parte della comunità, con continui scontri fra fanboy dei due schieramenti e dispersione di forze. Perché si, alla fine il dover reinventare la ruota due volte non ha fatto altro che nuocere a tutti, sviluppatori, utenti e all’ecosistema generale di Linux.
Alla luce degli attuali avvenimenti chi ci ha rimesso di più da questa battaglia è stato Ubuntu con un Unity 8 perennemente in sviluppo e il cui rilascio è stato continuamente rimandato di release in release.
Canonical non c’è l’ha fatta con le sue sole forze a sviluppare tutto in casa e ora ha dovuto gettare la spugna.
Questo ha fatto si di sprecare anni di sviluppo e di conseguenza il tutto si è ritorto contro di noi utilizzatori finali.

Il presente e il futuro
La mazzata finale è però stata data da Canonical che ha deciso di smettere di sviluppare Unity 8, la convergenza e di mettere a riposo Unity 7, annunciando al contempo la volontà di adottare GNOME Shell come DE predefinito di Ubuntu 18.04 LTS, la prossima release con supporto esteso di Canonical, rendendo di fatto Ubuntu una distribuzione come tante, senza unicità.
A mio avviso questo renderà meno appetibile Ubuntu fra gli utenti domestici, dovendo questi ultimi ritrovarsi ad usare una distro basata su un DE poco appetibile, nella sua versione pura, all’uso sui sistemi desktop.
Diciamoci la verità, Unity, per quanto odiato, è una interfaccia grafica facile da utilizzare anche dall’utente alle prime armi che approda su Linux dopo anni di militanza su Windows e consentiva fin da subito di avere un ottimo flusso di lavoro.
GNOME Shell risulta tutt’ora una interfaccia osteggiata da molti, che pur di non usarla si rivolgono a soluzioni alternative come MATE, KDE o Xfce.
Verranno anche a mancare, salvo ripristino tramite future estensioni, alcune funzionalità comode e innovative di Unity come l’HUD o la ricerca tramite lens che consentiva di interagire non solo con il nostro desktop ma anche con siti di terze parti senza dover aprire il browser.

La morte del desktop Linux?
Con la morte di Unity muore secondo me anche Ubuntu come distro desktop, perché diventerà una delle tante distribuzioni senza personalità all’interno del panorama delle distribuzioni Linux.
Perderà quell’unicità guadagnata dopo tanti anni di sviluppo, perderà quell’hype che accompagnava ogni rilascio di Ubuntu e che, nel bene o nel male, faceva parlare della distro e gli faceva guadagnare visibilità.
Perderà anche tutti quegli utenti che nel corso degli anni hanno continuato ad usare Ubuntu proprio in virtù di Ubuntu/Unity, della sua semplicità, delle sue funzionalità. Utenti storici che non sono mai riusciti ad apprezzare GNOME Shell e che, se proprio costretti ad usare altri ambienti desktop, hanno preferito in passato migrare a MATE o Cinnamon.
Il calo degli utenti storici di Ubuntu farà perdere anche appetibilità alla distro e i nuovi utenti difficilmente si troveranno a scegliere Ubuntu/GNOME Shell come distro per iniziare.

Dove hanno sbagliato?
Concludo dicendo la mia sullo sviluppo di Unity 8, su dove Canonical ha sbagliato. A mio modesto avviso Canonical ha sbagliato a tentare di monetizzare entrando nel mondo mobile, un mondo dominato dal duopolio di Google e Apple, un mondo dove nemmeno potenze del calibro di Microsoft e Samsung con il suo Tizen sono riusciti ad entrare.
Canonical avrebbe dovuto continuare ad investire solo sul settore desktop e investire su un desktop completo basato su di un Unity 8 e le Qt sviluppando in casa le applicazioni base come file manager, visualizzatore di immagini, player audio video etc, la stessa cosa che comunità più piccole e con molti meno fondi sono riuscite a fare in poco tempo (vedasi eOS e Linux Mint ad esempio).
Così facendo avrebbe evitato anche di inimicarsi la comunità che da sempre l’ha accusata di non contribuire e di sfruttare il lavoro degli altri.

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