Aggiornamento Android: tutte le novità
Attualmente, Android, è il più popolare sistema operativo mobile esistente. Da International Data Corporation risulta che Android abbia eclissato iOS nella metà del 2010, ed è dalla fine del 2014 che il sistema operativo possiede circa l’81% della quota di mercato, contro il 15% di iOS. L’acquisizione dell’allora timido Google è ora quanto di più scottante nell’ambito del mercato mobile e domina il paesaggio di smartphone, tablet e dispositivi connessi. Ad ora è difficile guardarsi intorno senza vederne uno, ma non è sempre stato così.
Ripercorriamo insieme tutta la storia di Android e dei suoi aggiornamenti, dal primissimo Android 1.0 all’ultimissimo Android 7.1!
Indice degli agromenti
- Le origini
- Android 1.0
- Android 1.1
- Android 1.5 CupCake
- Android 1.6 Donut
- Android 2.0 Eclair
- Android 2.1 e 2.2
- Android 2.3 Gingerbread
- Android 3.0 HoneyComb
- Android 4.0 Ice Cream Sandwich
- Android 4.1 Jelly Bean
- Android 4.2 Jelly Bean
- Android 4.3 Jelly Bean
- Android 4.4 KitKat
- Android 5.0 Lollipop
- Android 5.1 Lollipop
- Android 6.0 Marshmallow
- Android 7.0 Nougat
- Android 7.1 Nougat e Google Pixel
- Android oggi
Aggiornamento Android: le novità
Le origini
Il sistema operativo, come lo conosciamo ora, prende vita nell’ottobre 2003, prima dell’acquisizione da parte di Google, sotto il nome di Android Inc. A quel tempo, Android, Inc. era gestita da Andy Rubin (che in seguito si è unito a big G) e dai suoi colleghi Rich Miner, Nick Sears e Chris White. Il loro obiettivo era di sviluppare “dispositivi mobili intelligenti consapevoli della posizione e delle preferenze del loro proprietario”, ma non avevano i telefoni cellulari nel mirino. Android, Inc. è stata inizialmente focalizzata su macchine fotografiche digitali, ma presto si resero conto che il mercato delle fotocamere digitali intelligenti non era un obbiettivo sufficientemente ambizioso.
E ‘importante ricordare che nel periodo intorno al 2004-2005 i cellulari non avevano nulla a che fare con le loro controparti moderne. Motorola aveva appena rilasciato il popolare RAZR V3 e i telefonini 3G muovevano i primi passi in un mondo che, di lì a poco, li avrebbe visti diventare strumenti imprescindibili per la vita quotidiana. Il modello A1000 di Motorola è stato uno dei primi smartphone 3G venduti in Australia, capace di navigare nel web, dotato di applicazioni rudimentali, e di una interfaccia touchscreen. Nokia ancora si adagiava sul grande successo del sistema operativo Symbian, montato su una vasta gamma di “feature phone” dalle telecamere potenti, altoparlanti stereo per la musica e grandi schermi per la navigazione web. HTC è stato fra i pionieri dei primi “smart devices” producendo una vasta gamma di dispositivi Windows Mobile molto popolari nell’utenza business.
Ciò che veramente mancava all’industria dell’epoca era un insieme di queste caratteristiche in un unico dispositivo.
C’era anche l’effetto “walled garden” ovvero la “limitazione, da parte di un vendor o di un provider, imposta forzatamente allo scopo di impedire operazioni pericolose (ad esempio l’installazione di software illegale o infetto da virus) e/o di vincolarli all’utilizzo di prodotti e servizi messi a disposizione da un portale ufficiale: chi vi accede, infatti, si trova chiuso in un “giardino protetto”, bello quanto si vuole ma pur sempre limitato.” [pc-facile.com]
Insomma, il punto era che gli utenti si aspettavano di poter avere la stessa flessibilità e potenza dei propri computer sui dispositivi mobili, ma ciò non stava accadendo.
Dopo non molto tempo, Android Inc. entrò in gioco decisa a cambiare il panorama mobile per sempre. Non si sapeva ancora molto dei loro primi lavori, ma la società non era esattamente sulla strada verso il successo. Andy Rubin aveva esaurito i soldi per finanziare l’impresa e necessitava di assistenza da parte di amici. Fu a questo punto, nell’agosto 2005, che tutto cambiò. Google acquistò la startup nascente e Rubin, Miner e White entrarono a far parte del colosso del web, ma poco altro si sapeva. Il fatto che Big G volesse entrare nel mercato mobile era stato ampiamente ipotizzato, ma per molti pareva solo fantasia.
Android raggiunse il suo primo importante traguardo: il sistema operativo che offre una piattaforma mobile basata sul kernel Linux Open Source. Google ha iniziato a piantare la premessa per produttori di apparecchiature originali (OEM), ma fu rivelato pubblicamente. Allo stesso tempo, Apple stava preparando a rilasciare il primo iPhone nel 2007, e altri produttori di telefoni continuavano a rilasciare feature phones non pensati per essere smart nel senso che intendiamo oggi.
Nel novembre 2005 venne costituita la Open Handset Alliance (OHA), e un prodotto valido è stato finalmente rivelato al mondo. Google aveva costruito la OHA lavorando con un consorzio di cui facevano parte HTC, Sony e Samsung (aziende assolutamente non dominanti nel mercato della telefonia mobile dell’epoca), così come i produttori di chipset ed altre apparecchiature, tra cui Qualcomm, Texas Instruments ed altri partner.
Google svelò la piattaforma mobile sviluppata rivelando la prima versione pubblica di Android basata sul kernel Linux, momentaneamente installata su hardware senza nome di un partner non specificato.
La prima macchina a far girare Android provenne da HTC che già aveva una qualche familiarità con il concetto di smartphone. Il dispositivo sembrava un ibrido fra un BlackBerry (con una tastiera fisica QWERTY estraibile) e alcuni dei precedenti dispositivi Samsung Windows Mobile. Purtroppo, l’inaugurazione di iPhone di Apple nei primi mesi del 2007 fece credere che questo primo prototipo sarebbe stato presto dimenticato.
Con l’iPhone Apple trovò una miniera d’oro, anche se era agli albori. I cellulari non più limitati da piccoli schermi e da interfacce utente povere potevano ora accedere al complesso di Internet attraverso una finestra diversa e più piccola. Il primo iPhone, con il suo grande schermo, promosse un’esperienza di navigazione di tipo desktop e ciò infiammò il mercato. Si ritenne che Google (con l’acquisizione di Android) avrebbe rilasciato un “gPhone” che competesse con iPhone, ma nulla avrebbe potuto essere più lontano dalla verità.
Apple ha visto l’iPhone come l’apice del suo sviluppo; si trattava di un prodotto Apple, progettato per funzionare con i servizi di Apple, permettendo alla stessa di controllare la totalità della user experience. Sì, l’iPhone ha aperto nuove porte, ma non ha aperto Apple: si gioca all’interno delle loro regole, il loro hardware, o non giochi affatto. Google era a qualcosa di completamente diverso; non voleva costruire hardware e non lo voleva controllare. Android non è stato un concorrente di iPhone. Android avrebbe alimentato concorrenti di iPhone da tutti i maggiori produttori di hardware. L’iPhone così non avrebbe dovuto competere con un solo telefono Google ma con un intero ecosistema fatto di varie forme, dimensioni, con caratteristiche diverse ma uniti da una comunanza: Android OS, con tie-in per i servizi di Google e la piattaforma aperta a tutti.
HTC, intanto, aveva silenziosamente sviluppato il telefono che sarebbe stato conosciuto come il “sogno” a porte chiuse e lo svelò nel settembre 2008. L’HTC Dream (alias G1 HTC) aveva sia un touchscreen e tastiera fisica, una trackball per l’interazione pointer-type, e una serie di altre caratteristiche. La cosa più importante era che montava la prima release pubblica di Android, conosciuta semplicemente come Android 1.0. Ed è qui che il viaggio ebbe inizio.
Android 1.0
Android 1.0 è stato lanciato il 23 settembre 2008 insieme ad HTC Dream (aka G1). Era ben diverso da come siamo abituati a vedere il robottino verde ora, ma molte delle caratteristiche che divennero fondamentali per il sistema era già ben sviluppate da allora.
Le caratteristiche di base di un telefono cellulare erano naturalmente incluse: la possibilità di effettuare e ricevere telefonate, inviare e ricevere messaggi di testo, memorizzare una rubrica e leggere l’ora, un calendario e le applicazioni di base per la navigazione web e la gestione delle e-mail.
Considerando la prima evoluzione della piattaforma, ci sono stati un numero sorprendente di funzioni integrate che tutt’ora risultano essere parti fondamentali di Android. Ad esempio, l’Android Market, per l’installazione di app di terze parti, era presente poco dopo il rilascio nel mese di ottobre del 2008. Ciò differenziò il sistema mobile in modo significativo dal primo iPhone, che non ha avuto questa capacità. Inoltre, Android 1.0 ha avuto un potente browser web che permetteva di visualizzare completamente le pagine web, più il supporto per la telecamera a colori; inoltre, c’era la capacità di raggruppare le icone in cartelle all’interno della home-screen potendo così visualizzare in modo selettivo solo le icone che l’utente voleva, anziché un elenco di ogni applicazione installata come in iOS.
L’integrazione con la suite di sviluppo (e già popolare) gestione delle informazioni personali di Google è stato un dato di fatto, con le applicazioni a supporto di Google Gmail, Contatti, Calendario, Maps, Search, e Talk integrato al sistema operativo.
Erano presenti anche molte caratteristiche che gli iPhone non avrebbero avuto per un bel po’ di tempo: la possibilità per le applicazioni di continuare a lavorare in background, un sistema di notifica a discesa, la composizione vocale e sfondi personalizzati erano una funzione centrale di Android dalla versione 1.0, così come il supporto per il 3G (introdotto da Apple per la seconda generazione di iPhone). Certo, Android 1.0 è stato rilasciato con un certo ritardo rispetto ad iPhone, ma Google ha voluto impressionare fortemente la sua concorrente, riuscendoci.
Coloro che ricordano Android 1.0 sul vecchio HTC Dream lo fanno soprattutto per affetto. E ‘stato sicuramente funzionale, ma non era né bello né veloce. Appariva come un parente povero dell’ormai consolidato Windows Mobile mancando, tuttavia, di smalto e finezza e in molti si chiedevano se questo Android sarebbe davvero riuscito a decollare.
Android 1.1
Android 1.1 è un aggiornamento per Android, avvenuto poco meno di sei mesi dopo l’avvento di HTC Dream. L’aggiornamento non ha incluso modifiche significative alla piattaforma originale, anche se ha risolto una serie di bug, ha cambiato il funzionamento delle API di Android ed ha aggiunto una serie di caratteristiche minori.
Le nuove funzionalità inclusero i dettagli e le recensioni per aziende in Google Maps, una maggiore configurabilità del dialer, la possibilità di visualizzare e salvare gli allegati dai messaggi di posta elettronica, e più flessibilità in layout disponibili per applicazioni di terze parti. Tutto sommato, Android 1.1 è un aggiornamento minore per Android 1.0 e un certo numero di telefoni rilasciati con piattaforma Android 1.0 non lo ha mai visto. È stato dalla versione Android 1.5 che le cose hanno cominciato ad accelerare e diventare molto più interessanti.
Android 1.5 CupCake
Android 1.5, nome in codice “Cupcake”, è uscito solo due mesi più tardi, alla fine di aprile 2009. E ‘stato significativo sia in termini di numeri di dispositivi che si aggiornarono dalla 1.1 che per nuove importanti caratteristiche e funzionalità. Caratteristico fu anche il nome “Cupcake”, da allora Android battezzò ogni sua nuova release usando nomi di dessert.
Alcune delle grandi nuove funzionalità di Android 1.5 incluse il supporto per le tastiere di terze parti: non c’era bisogno di usare ciò che il produttore del dispositivo riteneva fosse migliore per lavorare. Vennero resi disponibili widgets per personalizzare ulteriormente la schermata iniziale, mostrando meteo, notizie ed altre informazioni utili. Una caratteristica mancante su iPhone di Apple, e molto richiesta, è stata la capacità di evidenziare, copiare e incollare il testo, qualcosa che diamo per scontato oggi.
Dietro le quinte, sono state apportate altre modifiche per migliorare l’esperienza degli utenti: registrazione video sul dispositivo, il supporto per una crescente varietà di accessori Bluetooth, foto dei contatti in rubrica, la rotazione dello schermo, funzionalità migliorate registro delle chiamate, una migliore integrazione con i servizi di Google consentendo upload di video su YouTube e upload di foto su Picasa senza bisogno di un computer (praticamente inaudito allora).
Cinque mesi più tardi, la prossima versione era già dietro l’angolo.
Android 1.6 Donut
Android 1.6 Donut era più una evoluzione di Android Cupcake che un significativo aggiornamento; nuove funzionalità avevano l’obbiettivo di migliorare l’usabilità della piattaforma in crescita.
Gli utenti potevano cercare dati sui propri dispositivi utilizzando la voce o il testo, ed i risultati includevano la ricerca Google da Internet. Fotocamera e supporto per la Galleria erano state migliorate, rendendo la fotocamera più veloce da lanciare, e la Galleria possedeva nuove funzionalità per la visualizzazione e la manipolazione delle immagini. Sotto il cofano, l’Android Market è stato ulteriormente sviluppato consentendo agli utenti di vedere gli screenshot di applicazioni prima di installarli.
Android 2.0 Eclair
Android 2.0 Eclair è stato lanciato insieme al primo tentativo di Google nello sviluppo di un proprio device che non dipendesse da produttori di terze parti.
Google Nexus One (sviluppato come dispositivo di white-label per Google da HTC) rappresentò l’alba del programma Nexus creato con l’obiettivo di mostrare ciò che Android puro è in grado di compiere. Inizialmente disponibile solo negli Stati Uniti, il Nexus One si diffuse rapidamente in tutto il mondo ufficialmente e ufficiosamente rimanendo, ad oggi, una delle migliori prove per il mobile OS di allora.
Non fu solo uno spettacolare hardware a rendere Android 2.0 Eclair così importante; il sistema operativo è stato significativamente modificato da Android 1.6 Donut, con molte nuove caratteristiche. Tra queste, la possibilità di sincronizzare più di un account permettendo a diversi account di posta elettronica di coesistere su un dispositivo, supporto per Microsoft Exchange, la capacità di cercare contenuti ancora più on-device (inclusi SMS, e-mail e altro), una migliore tastiera su schermo che ha offerto correzioni ortografiche e suggerimenti di contatto, un nuovissimo browser con maggiore supporto per gli standard moderni, un nuovo layout del calendario per la gestione delle informazioni personali e, naturalmente, molti cambiamenti sotto il cofano per gli sviluppatori.
Android 2.1 Eclair e Android 2.2 Froyo
E’ stato con Android 2.1 Eclair che Samsung ha lanciato la sua linea Galaxy S, nel giugno 2010. Prodotti destinati a diventare dei best-seller internazionali, con picchi di 24 milioni di dispositivi venduti. Con la versione 2.2 venne introdotto un nuovo dolce nel mix, con nuovi e significativi miglioramenti. Android 2.2 Froyo è stato rilasciato nel maggio 2010, circa sei mesi dopo Android 2.0 Eclair, ed impostò un buon programma per l’aggiornamento periodico del sistema operativo che continua tutt’oggi.
Froyo non fu lanciato insieme a un nuovo telefono Nexus, piuttosto il Nexus One venne rapidamente aggiornato per supportare il nuovo software.
Caratteristiche di rilievo di Froyo erano l’inclusione di notifiche push, che ha permesso ad applicazioni e servizi di ricevere gli aggiornamenti da Internet senza bisogno di essere attivi rendendo possibile la ricezione notifiche da Twitter ed e-mail: cominciava una nuova era di connettività. Inoltre, nacque la possibilità di utilizzare un telefono Android come hotspot Wi-Fi portatile. Ciò fece storcere il naso ai gestori telefonici che avevano sempre offerto, fino ad allora, piani di utilizzo Internet senza limiti considerate le scarse prestazioni di hardware e software esistenti.
Froyo non ha portato con sé un’interfaccia significativamente diversa da Eclair ma, dietro le quinte, quasi tutto stava cambiando. L’applicazione Browser è stata aggiornato con il nuovo supporto Javascript, il supporto di Microsoft Exchange è stato allargato per una migliore integrazione con ambienti aziendali, Android Market è stato migliorato con aggiornamenti automatici batch, il supporto per le animazioni Flash e file GIF ora era nativo e per file più grandi, nuovi display erano nei progetti con il supporto nativo per display 720p fino a 4 “.
Android 2.2 ha visto un numero minore di minor updates che non alterò in modo significativo l’esperienza dell’utente, salvo per migliorare le prestazioni del sistema operativo e fixare alcuni bug.
Android 2.3 Gingerbread
Gingerbread arrivò nel dicembre 2010 al fianco di un nuovo Nexus appena annunciato. Divenne così finalmente chiaro che Google avrebbe rilasciato un dispositivo di riferimento per la maggior parte delle nuove versioni di Android. Samsung produsse questo nuovo capitolo del programma Nexus, il Samsung Nexus S, che ha poi costruito il successo della sua nascente linea Samsung Galaxy S. Il Nexus S ha mantenuto gran parte del compartimento hardware di Galaxy S, ma con alcune caratteristiche nuove appositamente sviluppate per il marchio Nexus. Non era esattamente un device popolare, ma vide molte release direttamente da alcuni gestori telefonici e piani di sovvenzioni, cosa che certamente indicava la maggiore adozione di Android come piattaforma mobile.
Gingerbread ha apportato una serie di proprie modifiche, migliorando in modo significativo la velocità di interfaccia e la semplicità. Venne incluso il supporto per gli schermi ad alta risoluzione, introdotti miglioramenti per l’immissione di testo, più accurata, e la funzionalità copia-incolla, il supporto per altre tecnologie come Near Field Communication (NFC), il miglioramento dei protocolli web-browser e le prestazioni video e un modo più unitario per accedere ai file e allegati e-mail scaricati sul telefono.
Gingerbread ha visto una serie di miglioramenti nel corso dei successivi 12 mesi, ma nessuno di loro è stato particolarmente notevole, si trattava di bug fix standard e miglioramenti.
Android 3.0 HoneyComb
Nel frattempo, Android prendeva una nuova forma con un nuovo aggiornamento che lasciò, momentaneamente, indietro di cellulari. Android 3.0 Honeycomb, esclusivamente per i tablet, era dietro l’angolo e ha rappresentato un passo enorme per l’OS nel suo complesso. Non si trattò di una nuova versione di Android per smartphone, venne creata esclusivamente per ottimizzare l’esperienza tablet. Per molti, è stato un po’ un pugno nell’occhio rispetto alle precedenti generazioni, ma segnò la prima significativa e completa re-immaginazione della user interface. Ha portato con sé uno dei linguaggi di design più audaci di Google, noto come la progettazione Holo, per l’utilizzo di elementi olografici.
Google non rilasciò un dispositivo di riferimento Nexus al finaco della nuova release, in una rottura con la sua “tradizione” di crescita; piuttosto ha collaborato con Motorola per rilasciare il Motorola Xoom, il primo tablet per eseguire il sistema operativo. Lo Xoom non è stato ben accolto poiché si trattava di un dispositivo piuttosto ordinario e quindi non capace di competere con Apple iPad al quale, ciononostante, Honeycomb rubò la scena ed il perché è di facile intuizione.
Tra i cambiamenti che Honeycomb portò c’era l’aggiunta di una barra di sistema con tasti su schermo (che, fino ad allora, era appannaggio esclusivo di tasti fisici). Non v’era più bisogno di veri e propri tasti per interagire con il sistema: nasceva la possibilità di utilizzare opzioni contestuali e di controllare diversi tipi di contenuti offerti dall’applicazione attiva al momento. Anche il multitasking venne migliorato (data la richiesta di questa funzione sui dispositivi tablet) offrendo un’esperienza molto più vicina a quella desktop con le miniature delle applicazioni attive, in modo da switchare più rapidamente fra un’operazione e l’altra.
Le caratteristiche sotto il cofano furono il supporto per i processori multi-core che, allora, non rappresentavano una realtà consolidata come oggi, il miglioramento nella gestione dei permessi e delle restrizioni per le app a protezione dei dati dell’utente, migliore navigazione, fotocamera e galleria ebbero nuove applicazioni diventando più facili da usare, contatti, calendario e applicazioni di posta elettronica furono progettati specificamente per tablet.
Coloro che hanno utilizzato la prima generazione di tablet Android erano, quasi sempre, un po’ delusi. Honeycomb è stato ampiamente considerato come un flop di Android sui tablet: era lento, si puntava e non disponeva di molte applicazioni poiché gli sviluppatori erano ancora concentrati esclusivamente sugli smartphone.
Android 3.0 Honeycomb ha visto una serie di rilasci alla versione 3.1, 3.2 e fino alla 3.2.6 senza significative nuove funzionalità, ma miglioramenti alla un po’ scarsa esperienza iniziale.
Android 4.0 Ice Cream Sandwich
Nell’ottobre 2011 il robottino verde compì un enorme passo in avanti con l’uscita di Ice Cream Sandwich (presto noto come ICS) poiché fu la prima versione di Android ad utilizzare il nuovo kernel Linux 3.0. Si può dire che portò una ventata d’aria fresca in questo ecosistema ormai non più così giovane in quanto tese ad unificarlo il più possibile estendendo il supporto anche ai tablet che poterono dunque varcare il confine della versione 3.0.
ICS è stato annunciato insieme al Galaxy Nexus di Samsung che rappresentava una via di mezzo fra il Samsung Galaxy S II e S III; possedeva un hardware potente ed un OS in maturazione ed ebbe successo commerciale.
ICS ha portato anche una serie di nuove funzioni che erano state richieste, tra cui un’interfaccia Visual Voicemail (che Apple aveva già rilasciato), una migliore interfaccia utente con un modo più facile di creare cartelle usando il drag and drop, ulteriori migliorie all’immissione di testo e copia e incolla ed i controlli vocali. In più inizia il tentativo concreto di integrare Google Chrome con Android e la progressiva sostituzione di Browser, applicazione base di AOSP.
Gli utenti hanno guadagnato anche un controllo più dettagliato sui loro dispositivi, con la possibilità di chiudere le applicazioni in background e di condividere le informazioni con gli altri su NFC, Bluetooth e Wi-Fi direct. Il supporto per le VPN infine divenne ufficiale, non richiedendo più modifiche non autorizzate del sistema operativo da raggiungere.
ICS è stato aggiornato nel dicembre 2011 e nel marzo 2012, senza l’aggiunta di nuove funzionalità. C’è stato un cambiamento significativo nel marzo 2012, anche se era più un esercizio di branding che un cambiamento vero e proprio: Google ribattezzò l’Android Market, che esisteva dal 2008, con il nome Google Play e, in tal modo, un numero unificato di servizi precedenti. Il nuovo Google Play Store ha permesso agli utenti di scaricare applicazioni, musica, film, spettacoli televisivi, libri, ed altro attraverso un unico portale.
Android 4.1 Jelly Bean
Più di quanto ICS fosse un miglioramento di Gingerbread, Jelly Bean lo fu per ICS. Annunciato al Google I / O nel giugno 2012 e rilasciato poco dopo, JB conteneva “Project Butter” di Google che mirava a eliminare per sempre i rallentamenti e i lag nell’interfaccia utente rispetto alle iterazioni precedenti. Per raggiungere questo obiettivo, Android ha anticipato le interazioni tattili, aggiunto tre buffer differenti per le code di interfaccia utente e attuato un tasso di 60 fotogrammi al secondo per rendere l’esperienza utente fluida. Jelly Bean ha raggiunto questo obiettivo. Oltre a questo cambiamento grafico, Jelly Bean non incluse molte nuove caratteristiche come alcune versioni precedenti. Certo, molte cose sono state migliorate e cambiate, ma in termini di nuove funzionalità non c’era granché. C’erano le notifiche espandibili sulle quali avere, ora, un controllo più granulare e sono state migliorate le opzioni di connettività. Siamo dovuti arrivare alla versione 4.2 (ancora con il moniker Jelly Bean), perché comparissero alcune nuove importanti funzionalità.
Android 4.1 Jelly Bean è stato rilasciato insieme a un tablet realizzato da Google in collaborazione con ASUS: il Nexus 7.
Android 4.2 Jelly Bean
Android 4.2 è arrivato con un kernel Linux 3.4.0, supportando i widget per il lockscreen e la possibilità di eseguire uno swipe per aprire la fotocamera senza sbloccare il telefono. Fanno la loro prima apparizione le impostazioni rapide permettendo di modificare le impostazioni comuni con poco più di uno swipe verso il basso, come ad esempio attivare o disattivare WiFi, Bluetooth, luminosità dello schermo, hotspot Wi-Fi e altro. Il supporto Bluetooth è stato profondamente modificato (con la libreria software di base è cambiato da Bluez al software open source Broadcom), consentendo un supporto di gran lunga maggiore per gli accessori.
Al fianco della versione 4.2 è arrivato il nuovo Nexus, questa volta dal produttore coreano LG. Il Nexus 4 ha introdotto molte nuove caratteristiche, tra cui la ricarica wireless, che avrebbe cominciato a diventare più mainstream negli anni a venire. Accanto al Nexus 4, Google ha lanciato un altro dispositivo Nexus per coprire tutti i segmenti del mercato Android: il Nexus 10, un tablet da 10″ full-frame prodotto da Samsung.
Un certo numero di bug sono stati anche risolti, come era ormai di norma, ma nel complesso la seconda iterazione di Jelly Bean ha rappresentato uno dei più ampiamente attesi e ben accolti upgrade di Android. Nel marzo 2013, il fondatore Andy Rubin lascia la divisione mobile di Google per lavorare a nuovi progetti. Il sostituto di Rubin, Sundar Pichai, il quale aveva già riscosso successo con Chrome e Chrome OS, arriva dall’interno di Google. Nonostante lo scetticismo di alcuni su come Android e Chrome potessero essere gestiti insieme, si noti che, date le molte sinergie tra i due prodotti, Android è cresciuto e migliorato molto sotto Pichai.
Android 4.3 Jelly Bean
Nel luglio 2013, Jelly Bean è stato nuovamente aggiornato ad Android 4.3. L’aggiornamento ha incluso un nuovo supporto per dispositivi Bluetooth, tra cui la nuova feature “low energy” per aumentare la vita della batteria, il supporto per i profili utente con restrizioni, un migliore supporto e prestazioni del file system, e il supporto per schermi più grandi con risoluzioni più alte. Accanto alla release Android 4.3 Jelly Bean è arrivato il Nexus 7 2013 di ASUS.
Android 4.4 KitKat
Android 4.4 KitKat ha rappresentato un altro enorme balzo in avanti, nonostante sia solo una piccola modifica di Android 4.3. Ha inoltre rappresentato un allontanamento significativo dai nomi precedenti dati a versioni di Android. KitKat non è il nome di un dessert generico, piuttosto si tratta di un marchio di proprietà di Nestlé concesso in licenza per l’utilizzo nel programma Android. Android KitKat ha debuttato con il Nexus 5 nell’ottobre 2013, ed è stato un successo quasi immediato. E’ stato venduto ampiamente anche attraverso contratti con sovvenzioni ed è diventato un brillante esempio del funzionamento al livello grafico. Inteso come un dispositivo di riferimento, il Nexus 5 è stato un significativo successo commerciale.
Il nucleo di Android è stato fortemente ridotto e semplificato aumentando ulteriormente le prestazioni, già percepite durante il “Progetto Burro”. Insieme alla prestazioni vi è stato un grande miglioramento nel linguaggio di design con l’interfaccia Holo definitivamente perfezionata prima di essere poi, successivamente, sostituita. Le applicazioni hanno guadagnato la possibilità di modificare l’interfaccia utente del sistema, se necessario, ad esempio rendendo le barre di sistema e di azione trasparenti o facendole scomparire del tutto con la modalità immersiva. Un aspetto caratteristico di KitKat è relativo alla minore importanza che vine data alle schede micro-SD in quanto ne viene confinata l’utilità fondamentalmente alla memorizzazione di foto, video e musica. Molte funzioni basilari di Android sono state astratte, permettendo una migliore integrazione dei componenti di terze parti. Uno dei migliori esempi di ciò è la possibilità di assegnare una qualunque applicazione di messaggistica SMS come predefinita per il sistema al posto di quella preinstallata di default.
Un cambiamento di gran lunga più significativo ed interessante si nascondeva, ancora una volta, sotto il cofano di KitKat: il runtime ART. Nato col fine di aumentare di molto le prestazioni del dispositivo e con la promessa di garantire un maggiore risparmio energetico è stato affiancato al runtime predefinito, Dalvik, poiché ancora in fase sperimentale. Successivamente sarà abilitato di default nella versione 5.0 Lollipop. KitKat ha visto un certo numero di point release, da 4.4.1 a 4.4.4, principalmente per la correzione di bug. L’ultima versione ha avuto problemi di vulnerabilità SSL che, però, è stata rapidamente patchata.
Android 5.0 Lollipop
Con Android Lollipop, rilasciato come open beta sotto il nome di Android L nel Novembre 2014, si torna nuovamente ad un nome generico. La beta pubblica di Android L ha sicuramente accelerato lo sviluppo di aggiornamenti da parte degli OEM, il che significa che molti (ma non la maggior parte) dei telefoni moderni sono stati in grado di ottenere un aggiornamento ad Android 5.0 piuttosto rapidamente. Lanciato al fianco dell’ultimo google-phone, il Nexus 6 di Motorola, Lollipop è caratterizzato dalla, forse, più significativa revisione dell’interfaccia utente. Se Holo è stato rivoluzionario rispetto alla precedente interfaccia di Android, il material design è avanti anni luce in quanto consente agli sviluppatori di sviluppare app dal design pulito e minimale che lavorino bene su qualunque dispositivo, anche tablet, senza rilevanti problemi di compatibilità.
Lollipop introduce un cambiamento sul funzionamento delle notifiche (fatto che causò qualche controversia al momento dell’annuncio). Ma forse la più significativa di tutte le modifiche è rappresentata dallo switch finale da Dalvik VM ad ART.
La sostanziale differenza fra le due virtual machine sta nel tempo di compilazione. Per Dalvik, che è un tipico runtime Java-based, la compilazione avviene ogni volta che un app viene lanciata, quindi just-in-time (JIT) seguita da una fase di interpretazone byte-code, mentre per ART la compilazione è ahead-of-time ovvero spostata prima dell’esecuzione, durante l’installazione dell’app, poi il codice in linguaggio intermedio (java) viene compilato in codice binario nativo per la piattaforma hardware. Tutto attraverso un tool, dex2oat, che accetta in input file DEX generando eseguibili per il device. In ultima analisi: il primo approccio è buono per il cross-platform a scapito delle prestazioni, mentre il secondo è più reattivo e di minore impatto sul sistema e sui consumi.
In più Lollipop supporta nativamente i processori a 64 bit.
È forse giusto dire che Android 5.0 è stato, da solo, il più grande cambiamento da quando è stata rilasciata la prima versione, e che è stato accolto in modi diversi: molti utenti amano Lollipop, ma a molti mancano alcune delle caratteristiche che hanno eliminato o modificato dalle versioni precedenti.
Android 5.1 Lollipop
Android 5.1.1 è l’ultima versione Lollipop rilasciata, essenzialmente risolve il bug della perdita di memoria che affliggeva le precedenti release e non aggiunge novità degne di nota. Deve ancora essere rilasciato per un discreto numero di dispositivi.
Android 6.0 Marshmallow
Rilasciato ad Ottobre 2015, si concentra principalmente sull’introduzione della modalità Doze che gestisce in modo ottimale il consumo energetico durante la fase di standby prolungato, possibilità di controllare autorizzazioni e permessi delle apps, introduzione di Now on Tap (per ottenere velocemente informazioni in base al contesto in cui ci si trova), possibilità di interagire mediante comandi vocali direttamente dalla schermata di blocco e app drawer in verticale.
Android 7.0 Nougat
Android 7.0 Nougat è stato rilasciato ufficialmente alla fine di agosto 2016. Dopo una lunga attesa emerge dall’ombra delle impostazioni per sviluppatori il supporto al multi-window che consente di dividere lo schermo in zone ridimensionabili per l’utilizzo parallelo di due app nella stessa schermata.
Il pannello delle notifiche è stato migliorato e ridisegnato: vi è la possibilità di raggruppare tutte le notifiche per singola app ed espanderle tappando su un comando apposito.
La tendina dei quick settings ha subito importanti cambiamenti poiché appare come una raccolta di tile modificabili e riordinabili organizzati in varie pagine. Feature interessante e del tutto nuova è quella del risparmio dati che, se attivata, limita l’impiego di banda da parte delle applicazioni. Sarete voi a scegliere quali applicazioni potranno consumare i dati in background e quali no.
In questa nuova versione di Android il blocco dei numeri di telefono è nativo, ovvero è stato inserito come opzione nel dialer di sistema; altra feature interessante è l’avvio diretto che riduce i tempi di avvio di alcune applicazioni a cui permette, se inserite in lista, di funzionare anche nell’eventualità in cui si verifichi un random reboot.
Soggetta ad implementazione è anche la modalità Doze, introdotta nella versione 6.0 del sistema operativo, che evolve e diventa Doze On The Go. Questa si differenzia dalla precedente sostanzialmente per un fatto: funziona anche quando il telefono rileva movimento.
Arriva anche il cosiddetto Project Svelte atto a migliorare la gestione della RAM da parte del sistema e delle app ottimizzando il funzionamento di queste ultime mentre sono in background.
Per tutte le altre novità di Android 7.0 Nougat vi invitiamo caldamente a leggere il nostro articolo dedicato!
Android 7.1 Nougat e Google Pixel
Android 7.1, annunciato ufficialmente lo scorso ottobre, per molti è semplicemente un aggiornamento minore del suo predecessore che aggiunge, oltre alle innumerevoli novità di Android 7.0, la funzionalità Smart Storage (in grado di rimuovere vecchie foto e video se già caricati nel cloud, in caso la memoria fosse in esaurimento), la modalità Daydream VR e diversi miglioramenti per touch/display.
Abbiamo usato il termine “per molti” e non è un caso: con Android 7.1 arrivano anche gli smartphone Google Pixel e Pixel XL, veri destinatari di questo aggiornamento. Android 7.1 infatti introduce numerose funzionalità esclusive per i nuovissimi smartphone di casa Google, imprimendo ancor più l’idea di “ecosistema”.
Arriva infatti in esclusiva il Pixel Launcher, la modalità notturna (Night Light) in grado di filtrare la luce blu, la possibilità di usare gesture sul lettore di impronte, l’assistente digitale Google Assistant (successore per i Pixel di Google Now), la nuova app Pixel Camera con numerose funzionalità anche avanzate per foto e video ed una nuovissima e semplificata modalità di installazione iniziale.
Android oggi
Così com’è oggi, Android è una delle piattaforme mobili più versatili e diffuse esistenti. Funziona su tre differenti architetture ARM-chipset, Intel / x86 e MIPS nelle varianti a 32 e 64 bit. I requisiti hardware minimi sono aumentati in linea con la disponibilità di nuova tecnologia, tale che oggi Android richiede 2 GB di RAM come minimo per funzionare ad una velocità ragionevole (anche se alcuni dispositivi continuano a funzionare con 1GB di RAM).
La memoria a bordo è aumentata enormemente, dai 256 MB messi a disposizione del Dream di HTC ai 256 GB di archiviazione di alcuni più moderni smartphone.
Android OS è attualmente presente in una gran varietà di dispositivi quali telefoni, tablet, computer, smartwatch, TV, lettori musicali e autoradio. Il Play Store di Google ha registrato più di 1.43 milioni di applicazioni attive solo all’inizio del 2015 e più di 50 miliardi di app sono state installate ed utilizzate dagli utenti Android.
Le possibilità sono aumentate di diversi ordini di grandezza, da funzioni telefoniche basilari con smart-features gettate lì e quasi fuori luogo a capacità computazionali tanto elevate da garantire servizi di livello sempre maggiore. Ciò ha contribuito a consolidare una realtà che vede cambiare continuamente il mondo della comunicazione, dell’informazione, dell’intrattenimento e, sotto certi aspetti, la qualità della vita.
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