Siamo schiavi dei social e della tecnologia? [Editoriale]

By Jessica Lambiase

facebook-chat

Social network + mobile è il binomio che meglio riassume gli ultimi anni delle vite di chi con tutto ciò convive: basta prendere il proprio smartphone per avere praticamente accesso all’intera rete, per mettersi in contatto con chiunque – vuoi con Facebook, o con Twitter, con WhatsApp, Line e simili – e per, tirandola in breve, estrarre dalla tasca il mondo intero.

Secondi, minuti o addirittura ore a guardare, esplorare, parlare, socializzare…. aspettate un attimo, socializzare senza dire una parola e con lo sguardo basso rivolto al display?

Ho trent’anni e, nonostante usi frequentemente smartphone e social network, sono cresciuta nell’epoca in cui socializzare voleva dire tendere la mano al proprio interlocutore e pronunciare le tre fatidiche parole “Piacere di conoscerti”, cosa che oggi quasi non succede più.

Parliamo – o ci illudiamo di parlare – con tanta gente, scambiamo messaggi ore ed ore quasi ad infiammarci il tunnel carpale, passiamo intere giornate a scorrere le bacheche di Facebook alla ricerca di questa o quella notizia… ma fondamentalmente siamo soli. E quando capita di uscire con i propri amici, irrimediabilmente arrivano quegli interminabili minuti di silenzio in cui, ognuno, abbassa lo sguardo verso il proprio display.

Schiavi dei social, ci chiamano.

Vi racconto una piccola storia accaduta realmente un po’ di sere fa:

Mi trovavo in un noto bar di Salerno con un gruppetto di amici, si parlava – come succede spesso – di tutto e di nulla, quando improvvisamente uno di loro fa: “Guardate quelle due tizie al tavolino là. Hanno avuto il barbaro coraggio di stare inchiodate con i telefoni in mano, n’altro poco neanche alzavano lo sguardo per prendere il caffè”.

Abbiamo iniziato ad osservare queste due ragazze – che potevano avere intorno ai 16-17 anni – ed abbiamo notato che il nostro amico aveva ragione: saran rimaste lì forse altri dieci minuti, lasso di tempo durante il quale non hanno alzato gli occhi dai propri smartphone e non si sono dette una – e dico una sola – parola, nonostante fossero in un posto piuttosto affollato, sedute l’una di fronte all’altra, come di solito si fa per chiacchierare.

Come nulla fosse, una di loro ha alzato gli occhi dal telefono ed avrà detto all’altra di voler andare via. Si è alzata ed è andata a pagare, mentre l’altra ragazza restava ancora con gli occhi inchiodati al suo smartphone. Poi, entrambe, hanno lasciato il bar.

Se prestate attenzione e vi guardate intorno vi renderete conto che la storia che vi ho raccontato non è poi così fuori dall’odierna normalità: social asociali intenti a parlare e ad interagire con il resto del mondo che non fanno caso a ciò che, invece, succede sotto i loro occhi.

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Eppure siamo sicuri di esprimerci e non semplicemente di chattare col resto del mondo? Siamo sicuri di osservare e non stare semplicemente a guardare? E, ancora, siamo sicuri che le amicizie che puntualmente coltiviamo soltanto tramite Internet non siano una mera illusione?

I am guilty too of being part of this machine, this digital world we are heard but not seen… where we type as we talk and read as we chat, where we spend hours together without making eye-contact.

So don’t give in to a life where you follow the hype… Give people your love, don’t give them your “like”! Disconnect from the need to be heard and defined… go out into the world, leave distractions behind.

Look up from your phone, shut down the display… Stop watching this video, live life the real way.

La nostra natura e tutti gli avvenimenti degli scorsi anni ci permettono davvero di poter fare a meno del cosiddetto “elemento umano” senza lasciarci un irrimediabile sensazione di solitudine, nonostante la nostra popolata vita virtuale?

Eppure… siamo proprio sicuri che la colpa sia della tecnologia e dei tanti che hanno contribuito a migliorarla?

Vi racconto un’altra piccola storia, qualcosa che vivo tutti i giorni:

Il mio uomo vive fuori dall’Italia, e come è giusto sia fino al “grande passo” della convivenza non sarà possibile vedersi “almeno 3 giorni a settimana”, al contrario di quanto succede per una coppia ordinaria. Se avessimo voluto affidarci al classico “telefono” ci saremmo ritrovati obbligati a limitare le nostre comunicazioni (grazie, roaming!) o, in alternativa, a spendere lo stipendio intero in telefonate, SMS e simili.

Facebook, WhatsApp, Skype e tutto ciò che possiamo usare tramite lo smartphone, invece, ci permettono di tenerci in contatto esattamente come fossimo fisicamente insieme. Ci aiutano a renderci partecipi delle nostre vite, di ciò che facciamo, di ciò che viviamo… Ed a costruire qualcosa che altrimenti, a causa della distanza, sarebbe stato molto più complicato tirare su.

Certo non è la stessa cosa di viversi giorno per giorno ma non è certamente poco, e chissà se senza le nuove tecnologie una cosa del genere sarebbe potuta andare avanti.

Storie come quella che vi ho appena raccontato sono, visti i tempi e l’alto tasso di migrazioni, anch’esse all’ordine del giorno. E non parliamo soltanto di rapporti di coppia: sentire un amico trasferitosi fuori, quel collega che deve inviarci un documento importantissimo nel minor tempo possibile… insomma gli smartphone, Internet, i Social Network possono rendere davvero migliore la vita.

Eppure ciò che vi ho raccontato ed il video che vi ho mostrato poco fa – che in realtà si chiama Lookup ed è di Gary Turk – la dicono in maniera completamente diversa.

Conclusione: due facce della stessa moneta, l’ennesimo déjà-vu che ricorda i tempi del boom degli SMS… solo un po’ (forse qualcosa in più di un po’) più invasivo.

E la discriminante non è chi ha inventato tutto ciò ed ha “rovinato” la vita a molti ma l’uso che se ne fa: come sempre, d’altro canto, ogni cosa ha un lato positivo ed uno negativo. Non ha senso non possedere uno smartphone o non avere un abbonamento dati, la differenza sta nel modo di gestirlo e nell’uso che se ne fa.

Non sono i tempi ad imporci di essere schiavi dei social e della tecnologia ma le cattive abitudini. Abbiamo tra le mani uno strumento che, spesso, difficilmente riusciamo a controllare.

La scelta di essere completamente azzerati da una rete onnipresente nel frenetismo di tutti i giorni o di vivere una vita reale fatta di rapporti reali e non solo di finestre di chat sta solo ed esclusivamente a noi.

Ammetterlo è il primo passo verso la “guarigione”.

L’articolo Siamo schiavi dei social e della tecnologia? [Editoriale] appare per la prima volta su Chimera Revo – News, guide e recensioni sul Mondo della tecnologia.

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