Chromixium, Ubuntu in salsa… Chrome OS?
Il mondo è bello perché è vario ma, tante volte, i sistemi operativi GNU/Linux-based lo sono… fin troppo! Grazie all’estremo margine di personalizzazione di ciascuna distribuzione, non è strano veder spuntare come funghi questo o quel fork che si prefigge di andare incontro alle esigenze di una precisa cerchia di utenti.
Per quanto ciò vada ad aggravare il già accentuato fenomeno della frammentazione, è sempre divertente spulciare la rete e scoprire che qualcuno ha cercato di inventare qualcosa che potesse distinguersi dalla massa per qualche aspetto particolare.
Giochi di parole a parte, a catturare la mia attenzione è stato uno stylish-wannabe che, per come è stato costruito, segue in parte le orme di Elementary OS (l’Ubuntu che cerca di imitare OS X): si tratta di Chromixium OS, un sistema operativo recentemente dichiarato stabile e che, come il nome stesso lascia pensare, è un wannabe Chrome OS e cerca di imitarne sia l’estetica che l’esperienza utente.
Ci sarà riuscito? Scopriamolo insieme!
Chromixium, le componenti
Chromixium 1.0 è stato sviluppato su core Ubuntu 14.04 e di esso condivide gli interi repository, vantando quindi la possibilità di disporre di un supporto LTS che lo renderà aggiornato e sicuro fino almeno al 2019. E, poiché si prevede che gli aggiornamenti passino un attimo in “secondo piano”, lo sviluppatore ha scelto di usare il kernel Linux 3.13, anch’esso a lungo supporto.
Il desktop scelto è il flessibile e personalizzabile Openbox accompagnato dall’altrettanto versatile compositor Compton, su cui vengono preinstallati il pannello di LXDE (Lxpanel) e la dockbar Plank. Il (minimale) set di applicazioni pre-installate è scritto in prevalenza usando le librerie GTK+3. Il gestore file di sistema è, neppure a dirlo, Nautilus.
A sorpresa e per rispettare il concetto di “openness” oltre che la licenza di distribuzione del browser Google, Chromixium arriva con a bordo il browser open source Chromium (di cui Google Chrome condivide il codice) ed il relativo app drawer che permette di eseguire rapidamente le Chrome Apps. Poiché Flash non è un software open source ed il supporto ad esso non è integrato in Chromium, Chromixium OS offre la riproduzione dei contenuti tramite il plugin Pepperflash.
Per chi non dovesse saperlo, in linea di massima l’esperienza utente offerta da Chromium e dalla sua controparte parzialmente chiusa Chrome è pressoché la stessa, almeno riguardo ciò che “si vede”.
Installazione
Se desiderate, potrete scaricare l’ISO del sistema operativo direttamente dal link in basso:
DOWNLOAD | Chromixium OS (32 bit)
Da bravo sistema operativo agglomerato di componenti prese un po’ qui un po’ lì, l’installazione può sembrare estremamente caotica e quasi impossibile all’utente poco esperto: una volta selezionata l’apposita icona dal sistema live ed accettata la licenza…
…ci viene chiesto in che modo installare il sistema operativo con delle didascalie più o meno comprensibili a corredo di ciascuna opzione.
Esattamente come descritto nella piccola didascalia, scegliere l’opzione 1 eliminerà senza pietà i dati già presenti sul disco e riserverà l’intero spazio all’installazione del sistema operativo.
La seconda opzione, invece, avvierà il partizionatore Gparted per permettere all’utente di procedere eventualmente al partizionamento manuale del disco.
La terza opzione, invece, permette di saltare la fase di partizionamento ed entrare direttamente nel vivo dell’installazione. Verranno chiesti in questa fase le classiche informazioni come nome utente, password ed eventuale password di root:
Nello step successivo verrà chiesto invece di definire i punti di mount che il sistema operativo deve utilizzare (quantomeno il filesystem root ed eventualmente la partizione swap) e la partizione o il disco su cui installare il boot loader, ovviamente GRUB:
Fatto ciò, partirà l’installazione del sistema operativo – che altri non è che il reset di un’immagine di ripristino preconfezionata su base Ubuntu – contenente le varie personalizzazioni:
Una volta completata l’installazione, tramite il tool grafico dedicato a debconf ci verranno chiesti gli ultimi dettagli relativi al fuso orario, alla zona ed al layout della tastiera, dopodiché potremo procedere a riavviare il sistema (probabilmente a mano, poiché il reboot automatico potrebbe bloccarsi).
Insomma, una procedura d’installazione abbastanza macchinosa e poco adatta agli utenti meno esperti; dai miei test non è risultata eccelsa la gestione degli errori (finestre chiuse manualmente e d’improvviso), tuttavia l’utente un attimino più attento sarà in grado di procedere tranquillamente e senza troppi intoppi.
Interfaccia
Come si è già intuito guardando la live, il desktop di Chromixium rassomiglia esteticamente davvero a Chrome OS (come probabilmente ricorderete, ho avuto modo di provare il sistema operativo originale in occasione della recensione di un Chromebook).
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La ricetta per ottenere questa grafica particolare è buona, e vede accostati il desktop Openbox coadiuvato dal leggerissimo compositor Compton, a cui sono stati aggiunti il pannello caratteristico di LXDE (lxpanel) per gestire l’area di sistema a destra…
e la dockbar Plank che contiene il lanciatore delle Chromium apps ed alcuni collegamenti alle webapp più importanti di Google, posta invece a sinistra.
Molto intelligente a mio avviso la scelta di pre-impostare i collegamenti alle Google Apps più usate (come Gmail, YouTube e Google Drive) sulla dockbar, collegamenti che non possono comunque essere personalizzati o aggiunti a piacere tramite interfaccia grafica, a meno di non intervenire manualmente sul file di configurazione di Plank.
Stessa cosa si può dire dell’app drawer di Chromium che, una volta sincronizzato, conterrà le Chrome app che avevate già installato sul vostro browser… peccato soltanto che, almeno dai miei test, il drawer risulti abbastanza instabile e con qualche bug di troppo (ad esempio, invocando il menu contestuale su una Chrome App si rischia di bloccarlo). Non è possibile riordinare le app contenute né creare cartelle tramite trascinamento (cosa che è possibile invece fare nell’app drawer di Chrome).
Intelligentente la scelta di una versione fortemente personalizzata di Nautilus: la versatilità e la flessibilità del gestore file lo rendono molto somigliante a quello di Chrome OS, fatta ovviamente eccezione per i collegamenti diretti a Google Drive che, in Nautilus, mancano.
Spostando l’attenzione sul desktop, notiamo come non possano essere aggiunte icone (cosa che succede anche su Chrome OS); tramite il menu contestuale è possibile in qualsiasi momento cambiare lo sfondo del desktop o accedere al pannello di controllo personalizzato (scritto con l’ausilio di Yad) che, al contrario di quello di Chrome OS, permette in classico stile Ubuntu di gestire tutte le parti del sistema e del computer.
Intelligente la scelta di integrare il login in Chromium tramite questo menu.
Trattandosi comunque principalmente di un sistema operativo basato su un nucleo Ubuntu funzionante, lo sviluppatore ha comunque deciso di integrare il menu “Applicazioni” che permette di accedere ai programmi installati, oltre che ovviamente al terminale. Probabilmente è proprio questo menu contestuale a riportare l’utente alla realtà permettendogli di accedere alle varie applicazioni native installate sul sistema operativo, terminale incluso, ed eventualmente installarne di nuove.
In parole povere, tramite il menu contestuale si può utilizzare Chromixium al pari di una comune distribuzione Linux, senza affidarsi esclusivamente alle Chrome Apps installate ed installabili tramite il browser come succede invece su Chrome OS.
Chiaramente anche i gestori di volume, notifiche, batteria, orologio e quant’altro sono componenti di LXDE e Xfce e non hanno nulla a che vedere con il browser.
L’esperienza utente
Visto come è stato configurato il desktop Openbox, posso tranquillamente affermare che – a meno che non si abusi del click destro del mouse – Chromixium offre effettivamente un assaggio di Chrome OS, o almeno del punto più importante di esso: la possibilità di usare esclusivamente webapp installate nel browser Chromium.
Ciò tuttavia non toglie che a bordo del sistema sia installato un set minimale di tool che permette di gestire quantomeno i contenuti di base: un editor di testo, un gestore di immagini, un riproduttore multimediale, cose che anche Chrome OS offre effettivamente per l’utilizzo offline. Tra le altre cose, in Chromixium è possibile installare programmi e applicazioni come si farebbe su Ubuntu (cosa impossibile in Chrome OS), leggere e scrivere su tutti i filesystem supportati dal sistema operativo genitore, oltre che riconoscere i vari dispositivi – aspetti che in Chrome OS, invece, subiscono forti limitazioni.
Al di là di ciò, nonostante Chromixium abbia raggiunto la sua prima versione stabile presenta ancora dei bug; nei miei test si sono verificati diversi riavvii improvvisi del server grafico e numerosi ritardi nella visualizzazione del drawer delle Chromium apps o dei menu contestuali.
Il sistema operativo è inoltre prevalentemente in lingua inglese e, per quanto alcune parti siano state tradotte anche in italiano, i menu personalizzati di Openbox non rifletteranno la scelta di una lingua differente dall’inglese.
Prestazioni
Nonostante i requisiti minimi di Chromixium parlino di 1 GB di RAM, state pur certi che il sistema operativo non starà lì a comportarsi benissimo su un quantitativo di memoria così limitato: ricordate sempre e comunque che si tratta di un sistema operativo a base Ubuntu, quindi con tutti i suoi demoni ed i suoi processi di sistema, che deve tenere continuamente in background una o più Chrome/Chromium apps, in nome dell’esperienza utente che si propone di offrire.
Sia Chromium che la sua controparte Google diventano degli autentici divora-RAM quando si tratta di eseguire webapp un po’ più complesse (soprattutto quelle Google come ad esempio Drive, Plus o YouTube), quindi non vi aspettate un’usabilità totale su macchine con RAM limitata.
Anche questo è differente da Chrome OS, su cui Google – pur essendo a base Gentoo, quindi comunque GNU/Linux – è riuscita ad eseguire delle ottimizzazioni che lo rendono adatto all’esecuzione anche su ARM con poca RAM. E non è sicuramente il caso di pretendere una cosa del genere da Chromixium che, che lo si voglia o no, altri non è che una versione personalizzata per applicazioni, kernel e desktop di Ubuntu.
Parere personale
Confesso di aver approcciato a questa distribuzione considerandola l’ennesimo fork del fork del fork (!) di Ubuntu e malauguratamente neanche questa volta mi sono sbagliata: nonostante l’astuta configurazione del desktop e la scelta dei componenti possano in qualche modo ricordare Chrome OS, l’esperienza di base resta comunque Linux e si sente.
Un esempio banale? Chromixium è perfettamente utilizzabile anche senza collegamento ad Internet una volta installate le applicazioni esattamente come si farebbe su Ubuntu, cosa che in Chrome OS è pressoché impossibile.
Quindi, conlcudendo, se state cercando un sistema operativo bello e configurato per “sembrare” Chrome OS e predisposto per l’utilizzo delle webapp allora potrete farvi affidamento, ma se state cercando qualcosa che emuli l’esperienza d’uso del sistema operativo di Google in vista dell’acquisto di un Chromebook… allora preparatevi a fare i salti mortali e ad installare Chromium OS su un hardware compatibile, perché Chromixium – per quanto si impegni – quanto ad esperienza utente non ha nulla a che vedere con la sua musa ispiratrice.
Col sorriso, apprezzo il tentativo.
Voto personale: 6- (di incoraggiamento)
L’articolo Chromixium, Ubuntu in salsa… Chrome OS? appare per la prima volta su Chimera Revo – News, guide e recensioni sul Mondo della tecnologia.
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